Le storie semplici: Sempre stata lasciata 15 Luglio 2013 – Pubblicato in: Le Storie Semplici – Tags: , , , , ,

Amava dire di essere la massima esperta mondiale in tema di “essere lasciata”. E in un certo senso aveva ragione: aveva solo 32 anni, e una notevole collezione di abbandoni.

Aveva capito tutto di quel processo lungo e doloroso che è il riprendersi dalla fine di una storia: la disperazione iniziale, il conforto delle amiche, la sensazione di stare meglio e, dopo poco, la puntuale ricaduta, al primo incontro casuale con lui, o alla notizia di una sua nuova fidanzata. E poi, pian piano, il passaggio dal bianco e nero ai colori: uscire la sera e rendersi conto dell’esistenza di persone simpatiche. Scoppiare in una risata senza sentirsi dopo un attimo, di nuovo il cuore pesante. Passare ore senza pensare a lui, e notare l’esistenza di altri uomini, altrettanto affascinanti, e avere voglia di uscirci a cena.

Nonostante ciò, ogni volta succedeva. Dopo qualche anno o mese di idillio, cominciavano quelle sensazioni strane. «Non ho nulla, sono solo stanco», e invece lei sapeva benissimo che la stanchezza non c’entrava nulla. Poteva esserci un’altra, o anche solo la voglia di solitudine. Il punto era che lui l’avrebbe lasciata di lì a poco.

Panchina

Gli anni passavano, e se da un lato si era ormai abituata al processo dell’abbandono, e, conoscendolo, ne aveva sempre meno paura, i primi giorni erano insopportabili. I pianti sotto la doccia, o davanti al primo che chiedeva «Come stai?». Le telefonate solo per dire «Guarda, sto bene, molto bene, ma credo di aver dimenticato da te la mia forcina preferita, posso passare un secondo?», e le ore di preparativi per quell’incontro. I risvegli – terribili – dopo aver sognato di baciarlo di nuovo, e dopo aver letteralmente sentito la consistenza delle sue labbra, quando si rendeva conto che era stato solo un sogno, e il cuore tornava pesante.

Ma più di tutto, faceva male il pensare agli errori. Ogni volta si accomodava al banco degli imputati e si auto-processava: in cosa ho sbagliato, cosa ho fatto perché smettesse di amarmi, qual è il mio problema se tutti alla fine mi lasciano.

E a nulla serviva sentirsi dire da genitori, amici e parenti «Forse semplicemente non hai ancora incontrato la persona giusta». Era lei a sbagliare, ed era lei a dichiararsi sempre colpevole.

Una sera era a San Francisco con un suo amico americano. «Non avrò mai una famiglia: sono troppo vecchia, ho 31 anni, dovrei incontrare uno, stare qualche anno con lui, ricevere un anello, sposarmi e poi diventare mamma: deve passare troppo tempo»

«Ma sei scema? A quest’età ci si diverte, e poi ci si diverte ancora, e poi si fanno un sacco di cose stupide, e poi a un certo punto, fra un drink e una serata, si incontra la persona giusta. E in tre mesi si fa un bambino»

«Non sono il tipo».

tettiTorino

Poi un giorno le capitò di andare a una riunione con il tizio nuovo che era arrivato nell’ufficio accanto. Fu un attimo. Fu l’aprire la porta e vedere quegli occhi scuri e profondi, e la sensazione che per quell’attimo i loro due sguardi si fossero impercettibilmente agganciati.

La riunione si concluse in fretta, ma poi ci furono lunghissime chiacchierate. Serate a ridere e ad ascoltare musica in una mansarda che si affacciava su un cielo di mille tetti. E un bacio, e poi un altro ancora. E poi la decisione, proprio dopo tre mesi, di saltare nel buio.

Lei sabato prossimo si sposa proprio con quei due occhi scuri e profondi. E no, non ci sono stati gli anni di fidanzamento e un anello dato in ginocchio davanti al mare. C’è stata la fretta impetuosa di un grandissimo amore. C’è stata la voglia di costruire di quando dal primo istante ti senti già famiglia.

E c’è stato un anello arrivato sulle mani della loro figlia di 4 anni. «Vuoi sposare papà?»

Lei ora sa che avevano ragione gli altri. Aveva ragione la sua mamma, quando le diceva «Arriverà la persona giusta». Aveva ragione Valter, quella sera al Ruby Skye, quando le disse che in tre mesi si può fare tutto. E aveva ragione il suo cuore, quando, ogni volta, pur ferito, acciaccato e pieno di cerotti, si rimetteva in piedi, e ricominciava a battere.

E ora sa anche che non bisogna mai smettere di sperare. Perché la vita è fatta di errori, di incontri sbagliati e di notti in cui capisci di avere sbagliato tutto.

Ma è anche fatta di porte che si aprono all’improvviso, e di persone che ti guardano come nessuno aveva mai fatto.

E anche questa è una storia semplice. Perché per costruire una favola non è necessario che ci siano principi azzurri, cavalli bianchi, e mondi incantati. A volte bastano due sguardi che si agganciano.

[n.d.r Buona Vita Valentina. Mille baci dalle Mamas! TVTTTTTB]