Non sarò mai più sola 26 Settembre 2014 – Pubblicato in: Le Storie Semplici

Erano ancora tutti seduti in cerchio, ognuno sulla sua seggiola di formica verde. Il cielo stava per diventare blu, i lampioni erano spenti, le chiacchiere stavano per diventare più fitte e le risate più rumorose. Si è alzata veloce, ha detto «Non vi abbraccio tutti perché siete troppi. Scappo, divertitevi» e ha mandato un bacio verso il vuoto al centro di quel cerchio.

È così, ha pensato camminando verso casa, è così la vita quando sei mamma.
Il punto non è il non avere libertà, perché quella se vuoi la trovi. È il sapere che a casa c’è qualcuno che ti aspetta. E allora le serate si accorciano, e anche quando rimangono lunghe come quelle di una volta, anche quando la mente stacca del tutto e passi ore a ballare a bere e ridere come tanti anni fa, in un piccolo angolo del tuo cuore c’è sempre un minuscolo cuore che batte.

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«È il senso di responsabilità» le aveva detto l’ostetrica durante il corso pre-parto. «È quello che cambia tutti gli schemi, tutte le priorità, tutta la vita, vedrai».
Ed è proprio ciò che ha pensato qualche anno fa, quando ha preso in braccio per la prima volta suo figlio. Non sarò mai più sola. Quel giorno, con quel piccolo essere morbido e profumato addosso, con le infermiere e i parenti a un metro da lei, le è sembrata la scoperta più bella e profonda del mondo. Non sarò mai più sola, ci sarà sempre lui nel mio cuore.

E poi però la vita è un quadro pieno zeppo di colori, uno di quei quadri che sono immagine e materia nello stesso momento. «Mi sembra di essere un quadro di Pollock» diceva alle sue amiche qualche mese dopo. Erano troppi gli strati, troppe le preoccupazioni, troppa la sensazione di avere sempre qualcuno nel cuore. E quella scoperta che l’aveva riempita d’amore, quella stessa scoperta, nelle notti di pianti e di su e giù per il corridoio, si stava trasformando in una sciarpa troppo stretta, quando è marzo e tu esci di casa pensando che faccia ancora freddo e invece il sole ti investe e la lana ti graffia la pelle del collo.
Non sarò mai più sola, e io a volte vorrei essere sola proprio come tanti anni fa

Si ritrovava la sera, dopo aver messo a letto suo figlio e dato un bacio a suo marito, con gli occhi serrati e la luce spenta, a ricordare quei giorni in cui non aveva nessuno a cui rendere conto se non se stessa. Quei giorni in cui non aveva proprio nulla da fare, tutto il tempo da colorare, con i colori scelti da lei, dai suoi desideri e dalle follie del momento. Quei giorni che erano come le ninfee di Monet, adagiate molli sull’acqua verde e blu. Ogni pennellata un’immagine, una fotografia che racconta un momento.

E poi è passato il tempo, e quel cuore piccino ha cominciato a camminare e parlare e ragionare. Ha iniziato a capire cos’è l’ironia, quanto fa due più due e che una H può cambiare sia una C sia una G.

E lei lo sente ancora, nel suo cuore, quel cuore piccino. Lo sente battere, lo sente correre quando ha la febbre, e saltellare quando rivede i suoi amici il lunedì mattina a scuola. Ma non sente più quella sciarpa stretta attorno alla gola. Non sente più la lana graffiarle la pelle. Perché sono passati degli anni, e non sono solo i bambini che diventano grandi, ma anche le mamme. Anche le mamme crescono e maturano e capiscono che sì, la vita è come un quadro di Pollock, pieno di pennellate e di gocce cadute dalla lattina, e che la vita non è una semplice fotografia, ma è un accumulo di strati, ognuno importante, spesso e prezioso. E che la vera libertà, quella totale e immensa e colorata, è quella che trovi nel sapere che non potrà mai più batterti il cuore, senza il battito di quel cuore piccino.