Le storie semplici: Ohana, Hawaii 2 Settembre 2013 – Pubblicato in: Le Storie Semplici – Tags: ,

Nella tariffa dell’hotel di Big Island, Hawaii, erano compresi due caffè al giorno. Due caffè americani, che non piacciono a tutti, ma sono i miei preferiti perché non volano via in un attimo: ti fanno compagnia. Mentre cammini, mentre prendi il sole, mentre lavori. Il giorno della partenza avevo ancora due ticket in tasca, quindi sono andata al bar, e ho detto «Questi non li userò più, ve li restituisco». La ragazza al bancone mi ha detto «Mahalo (grazie). Li darò al primo cliente che entra». L’ho salutata, sono uscita, e mi è venuta in mente quella frase che Lilo e la sorella Nani ripetono in Lilo e Stitch: «Ohana vuol dire famiglia, e famiglia vuol dire che nessuno viene abbandonato o dimenticato». All’inizio, la prima volta che vedi il film, ti sembra una frase, appunto, sulla famiglia. La famiglia come la intendiamo noi: genitori e figli. Ma se hai una bimba di quasi 4 anni innamorata di quel cartone, e lo vedi mille volte, poi ti fermi a pensare, e ne vuoi sapere di più.

Secondo la tradizione hawaiana, Ohana vuol dire famiglia in senso allargato: non solo consanguinei, quindi, ma tutti coloro che fanno parte della comunità. In queste terre lontane da tutto ci si prende cura di chi ci sta attorno, indipendentemente dal fatto che dorma sotto il nostro stesso tetto, o sia simile a noi.

Hawaii_Ohana

Le Hawaii sono una terra meravigliosa. Spiagge di sabbia finissima affacciate su un oceano che sa essere impetuoso e gentile a seconda delle zone e dei periodi. Musica dolce che non ti abbandona mai e si mischia con il canto di uccellini colorati e straordinariamente coraggiosi. Entroterra vulcanici che ti ricordano la forza e la bellezza della natura allo stesso tempo. La sensazione di essere al centro del mondo, lontano da semafori, autostrade e nuvole di smog.

Ma non sono solo questo. Le Hawaii sono un’atmosfera. Le Hawaii le capisci già un po’ quando sei sull’aereo, e le hostess si legano i capelli con un fiore di frangipani e ti sembra che diventino ancora più cortesi. Le capisci all’arrivo, quando scopri che il vento del quale tutti ti hanno parlato è un vento che ti accarezza, e ti accoglie. Le capisci quando le persone cominciano a salutarti con quell’Aloha, che significa condivisione gioiosa dell’energia vitale nel presente, ma anche (a seconda delle interpretazioni, ma poi forse alla fine è lo stesso) affetto, amore, pace, compassione e misericordia.

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Ti viene voglia di fermarti a vivere qua. Ti immagini ad osservare ogni giorno il tramonto con questa serenità, e anche con la voglia di appartenere a questa cultura, che è dipinta di tanti colori quante sono state le immigrazioni che l’hanno costruita nei secoli.

Qualche sera fa, durante uno spettacolo di hula, la ragazza che cantava e suonava ha detto che tutto il popolo hawaiano è impegnato nel proteggere queste terre.

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E poi ha aggiunto un aggettivo, ha parlato di questo popolo così orgoglioso. E di nuovo, mi sono fermata a pensare. E mi sono detta che è questo che un Paese deve fare: amarsi, e amare la terra in cui vive. E mi sono chiesta perché non possiamo farlo anche noi, ogni giorno. Mi sono chiesta perché, pensando a noi Italiani, non mi venga istintivo immaginarci così orgogliosi, e così impegnati a difenderci e a difendere il posto in cui viviamo.

Forse tutto sta nell’ohana. Forse dovremmo semplicemente guardare al di là della nostra finestra e della nostra famiglia, e tendere la mano a chi sta lì fuori. Indipendentemente da tutto.