L’adozione e le coppie omosessuali. Abbiamo chiesto all’avvocato e alla psicologa, facciamo chiarezza. 9 Settembre 2014 – Pubblicato in: Business, Legge e Marketing – Tags: , , , , ,

Abbiamo deciso di chiedere a Simona e Sara di scrivere un post a quattro mani. L’argomento è molto attuale, si parla di adozioni gay. Noi riteniamo che dove c’è amore c’è famiglia (Romolo e Remo furono allevati addirittura da una lupa…) e da questa frase, tirate le vostre conclusioni, per tutto il resto c’è la Legge e il corretto supporto psicologico.

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Testo by Simona Fontana, The FunkyLawyer

In questi giorni la stampa locale e nazionale, sia on line che off line ed i social network hanno trattato e commentato l’importante sentenza pronunciata dal Giudice del Tribunale dei minori di Roma chiamato a decidere sulla richiesta di adozione presentata da una donna nei confronti di una bambina di cinque anni partorita dalla sua compagna.

La storia è nota a tutti; una coppia di donne decide di sposarsi all’esterno e di rivolgersi cinque anni fa ad un centro di fecondazione (sempre all’estero) per praticare nei confronti della compagna desiderosa di vivere la maternità nel senso “fisiologico” del termine, la fecondazione eterologa.

 L’altra donna, quindi, decide di presentare domanda al Tribunale al fine di poter adottare la bambina nata dalla madre biologica.

Non vogliamo in tale sede esprimere giudizi a favore o contro una determinata posizione, vogliamo cercare di esplicitare in modo chiaro ed efficace (nella misura in cui ciò è possibile vista la complessità della materia e soprattutto in considerazione della mancanza di una specifica e puntuale regolamentazione) che cosa la Legge italiana prevede.

Si tratta di argomenti assai delicati che “scuotono“ le coscienze nel senso letterale del termine e che ci inducono inevitabilmente a porci domande, coinvolgenti gli aspetti più intimi di ciascuno di noi, che difficilmente riescono ad ottenere una risposta netta e precisa.

Una domanda ne pone inevitabilmente un’altra e si viene a creare un circolo che vede la sua fine nell’immagine dolce ed amorevole del bambino di fronte alla quale nulla si può desiderare se non il suo bene.

Considerando, in modo certo ed incontestabile, prevalente il suo interesse e ritenendolo come punto di partenza per qualsiasi interrogativo ci si domanda sostanzialmente se l’unica forma di tutela è rappresentata dalla bigenitorialità eterosessuale o se la protezione del minore può essere assicurata e perseguita anche dalla omogenitorialità?

Ci piacerebbe che tale post rappresenti l’occasione per discutere di tale tema insieme a voi, in modo collaborativo e costruttivo,e per cercare di capire i diversi punti di vista e le ragioni per cui ciascuno di noi propende (d’istinto o razionalmente ) verso una posizione piuttosto che nei confronti di un’ altra.

Prima di tutto si deve chiarire che l’adozione a cui si fa riferimento non è quella “tipicamente” intesa ossia quella consistente nella richiesta avanzata da una coppia di adottare un minore (o anche maggiorenne) dichiarato “adottabile “ dal Tribunale e privo di legami “biologici” con i richiedenti ma concerne l’ipotesi in cui un partner intende adottare il figlio naturale del proprio compagno-compagna e divenire, quindi, padre- madre “sociale”, ossia genitore che non ha legami di sangue con la figlia-figlio (cosiddetta “stepchild adoption” che letteralmente significa appunto “adozione del figlio del partner; nel mondo anglosassone indica il caso in cui uno dei due componenti di una coppia adotta il figlio, naturale o adottivo che sia, del proprio partner).

Quando verrà integralmente pubblicato il testo della sentenza si potrà certamente fornire chiarimenti e capire l’iter logico- giuridico seguito dal Giudice nella pronuncia di tale sentenza.

Secondo i primi commenti si ritiene che il Giudice abbia consentito alla donna richiedente di divenire mamma adottiva della piccola sulla base della previsione normativa di cui all’art. 44 lettera b) della legge  sull’adozione del 4 maggio 1983 n. 184 come modificata dalla legge 149 del 2001 che contempla l’adozione in casi speciali.

Il citato disposto normativo prevede che i minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell’art. 7, ossia anche qualora il minore non sia stato dichiarato in stato di adottabilità dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell’altro coniuge.

La particolarità del caso di adozione del figlio del coniuge va ravvisata, come espresso dal giudice delle leggi, nella congiunta esigenza per un verso, di consolidare l’unità familiare, agevolando l’inserimento in essa del minore che sia figlio di uno solo dei coniugi ed in particolare evitando il disagio sociale e le disarmonie nella formazione morale e psicologica che possono derivargli dal restare estraneo all’altro coniuge pur se a lui effettivamente legato.

La Corte di Cassazione ha in diverse occasioni precisato che l’applicabilità di siffatta specifica ipotesi di adozione necessita l’accertamento da parte del giudice, caso per caso, se l’interesse del minore (che deve sempre costituire in base all’art. 57 della legge sull’adozione e affidamento ed all’art. 3 della convenzione sui diritti del fanciullo primario e preminente parametro di valutazione – risulti o meno maggiormente tutelato con l’inserimento del minore medesimo, mediante l’adozione in un contesto familiare

Nel caso in esame il Giudice nel consentire l’adozione della piccola da parte del coniuge della madre “biologica” ha ritenuto che il preminente interesse del minore, visto il rapporto consolidato della bambina con la donna, fosse quello di riconoscere al partner della madre doveri, economici e di cura , nei suoi confronti.

Nel mondo l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso è legale in Regno Unito, Spagan, Svezia, Norvegia, Danimarca, Belgio, Paesi Bassi, lslanda, Israele e Francia.

Mentre in Germania, Finlandia e Groenlandia pur non consento l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso riconoscono a chi è in convivenza registrata con una persona di sesso uguale l’adozione dei figli naturali ed adottivi del partner.

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Testo by Sara Fiorenza, Riflessi

Molto e’ cambiato rispetto alla forma di famiglia. Nuove e profonde trasformazioni. Nuove geometrie. Un pluralismo familiare complesso ma (finalmente) possibile.
Forme che si allontanano dalla “famiglia tradizionale”, dalla classica coppia con genitori sposati.
Così le famiglie con genitori gay o lesbiche, diventano una delle forme familiari possibili. 
Ci sono poi le famiglie adottive, affidatarie, quelle separate. Le famiglie “non sposate”. Le famiglie formate da un genitore (mono parentale) o da molti genitori (famiglie allargate).
Ricostruite. Scucite. Scomposte. Trasformate. Evolute.
Contemporanee.
Ma questa e’ solo la forma. Il contenitore.

E la sostanza? Il contenuto? Davvero Basta l’amore a fare la famiglia?

“Love makes the Family?” si sono domandati molti esperti.

Secondo alcuni si.
L’amore è l’ingrediente segreto per essere una Famiglia.
Ma non esiste la Ricetta perfetta, unica e universale. Ogni famiglia avrà un ingrediente da aggiungere, da togliere, un modo del tutto personale e unico di mettere insieme gli ingredienti e rendere la propria ricetta “sufficientemente buona” e irripetibile.
Insomma l’amore ha infinite forme…e la famiglia, essendo fatta di persone, anche.

Molti altri invece affermano che l’amore non basta.
Un figlio, è di questo che stiamo parlando, ha bisogno di affetto e 
di essere guidato.
Accolto
Contenuto.
E questo non porta né il nome di mamma né di papà. Ma di famiglia. 
“Per essere buoni genitori non basta essere eterosessuale, così come essere omosessuali non significa essere cattivi genitori”.
Ma per fare questa operazione bisogna concentrarci sulla sostanza… Tralasciando i nomi etero e omo…. Riflettendo sull’essere genitore!

Il benessere del bambino non sembra dipendere dalle cosiddette dimensioni strutturali ma da:
La qualità della genitorialità
Le relazioni tra genitori e bambini
Le relazioni tra i genitori
La disponibilità delle risorse economiche e sociali.

La conferma che anche le famiglie omogenitoriali possano essere un contesto positivo e funzionale per la crescita del bambino arriva anche da un comunicato ufficiale dell’Associazione Italiana degli Psicologi che nel 2011 afferma che l’idea che i bambini per crescere in modo sano abbiano bisogno sia di una padre che di una madre, non trova in realtà riscontro nelle molteplici ricerche internazionali che si sono occupate di indagare indipendentemente dal loro genere e dal loro orientamento sessuale.
“I risultati delle ricerche dimostrano che bambini cresciuti da genitori dello stesso sesso si sviluppano come quelli allevati da genitori eterosessuali. Più di 25 anni di ricerche documentano che non c’è una relazione tra l’orientamento sessuale dei genitori e qualsiasi tipo di misura dell’adattamento emotivo, psicosociale e comportamentale del bambino. Questi dati dimostrano che un bambino che cresce in una famiglia con uno o due genitori gay non corre alcun rischio specifico. Adulti coscienziosi e capaci di fornire cure, che siano uomini o donne, eterosessuali o omosessuali, possono essere ottimi genitori”.

Ma allora i figli non devono avere una mamma e un papà?

Aggiungiamo una precisazione. Doverosa.
La genitorialità non è un concetto astratto o “naturale”: è fatta di comportamenti, cioè della capacità dell’adulto di fornire cure, sostegno e supporto allo sviluppo fisico, emotivo, sociale e intellettuale del bambino. Ma anche di rappresentazioni mentali, cioè di funzioni che si strutturano precocemente nella vita di ogni individuo a partire dalla propria esperienza relazionale precoce. 

Mi piace pensare alla genitorialità come un viaggio. Dove il caregiver si prende cura del bambino con nuovi modi, tutti da scoprire e imparare lungo il percorso, che si intrecciano ad antichi percorsi. Dando vita ad un complesso processo che si sviluppa 
fin dall’infanzia attraverso l’interiorizzazione delle esperienze di cura ricevute. Che prende forza dai viaggi dei nostri genitori che hanno tracciato la rotta.
Che si impreziosisce dell’esperienza soggettiva che ognuno – indipendentemente dal proprio genere o orientamento sessuale – ha vissuto a partire dalla propria esperienza di essere figlio.

Per intraprendere questo viaggio avventuroso e rischioso ed emozionante ma fatto di passi concreti bisogna avere alcune capacità che includono provvedere all’altro, garantirgli protezione e cura, entrare in risonanza affettiva, insegnare il senso del limite e provvedere al raggiungimento delle tappe evolutive.
Bisogna avere un bagaglio fatto di “Fattori intrapsichici e interpersonali” e che costruiscono la capacità di avere in mente il bambino in quanto soggetto dotato di stati affettivi e mentali autonomi.
E la valutazione di queste qualità genitoriali dovrebbe essere determinata senza pregiudizi rispetto all’orientamento sessuale.
Le famiglie omogenitoriali hanno le stesse potenzialità delle famiglie eterosessuali di formare un positivo contesto di crescita per tutti i membri. Di affrontare il viaggio!

La famiglia omogenitoriali non e’ poi così inconcepibile.

Sembra semplice. Ma come tutte le cose semplici è anche molto complessa. Ha a che fare con l’accettazione di una nuova idea e questa per molte persone, e alcune società è impossibile!
E questa una sfida ancora aperta…un altro viaggio!