The Funky Art Exhibitions: Mirò e Modigliani 8 Marzo 2013 – Pubblicato in: The Funky Art Exhibitions – Tags: , , , , , , , , ,

Oggi voglio portarvi a Maiorca dove Joan Mirò trascorre gli ultimi anni della sua vita e a Parigi, a Montparnasse dove Modigliani, Soutine, Utrillo e altri, si riuniscono per discutere e fare arte. A questi artisti Genova e Milano dedicano due importanti mostre, che meritano davvero di essere viste!

Mirò! Poesia e luce

Palazzo Ducale ospita fino al 7 aprile 2013 una rassegna esaustiva dell’opera di Joan Miró (1893-1983).

La mostra presenta oltre 80 lavori mai giunti prima nel nostro Paese, tra cui 50 olii di sorprendente bellezza e di grande formato, ma anche terrecotte, bronzi e acquerelli.

L’esposizione si pone d’illustrare l’ultima fase della produzione della lunga vita dell’artista, quando riuscì a realizzare a Maiorca nel 1956 un suo grande sogno: un ampio spazio tutto suo, dove lavorare protetto dal silenzio e dalla pace che solo la natura poteva offrirgli. In occasione della mostra, lo studio che Miró aveva tanto desiderato, è stato ricostruito scenograficamente all’interno degli spazi espositivi.

Miró riteneva, sin dall’inizio della sua attività, che l’obiettivo dell’artista dovesse riguardare progetti di grande portata, come i murali e altri lavori d’arte pubblica che consentivano anche di collaborare con architetti e artigiani, confinando la pittura da cavalletto in una posizione secondaria.

Dal 1956 Miró vive a Palma e comincia un intenso periodo di lavoro che lo vede anche riprendere in mano vecchi schizzi e ridipingerci sopra dopo una pesante autocritica: “Fui spietato con me stesso. Distrussi molte tele, ma soprattutto molti disegni e gouaches”.

Negli anni Sessanta e Settanta, immagini e titoli dei lavori ci rimandano ai suoi temi prediletti: paesaggi, donne, uccelli. Ma l’iconografia si fa astratta e le figure si ingrandiscono.

È questo anche il momento in cui, messo da parte il cavalletto, Miró dipinge a terra, cammina sulle proprie tele, vi si stende sopra, producendo spruzzi e gocciolamenti.

Degli anni ‘70 sono i paesaggi monocromi e altri dipinti sostanzialmente monocromatici come le tele di grande formato e un’altra serie di cinque olii più tardi, del 1978, sfumati, evanescenti, visionari, minimalisti e movimentati, che ricordano la predilezione di Miró per il nero dell’Action Painting americana e la calligrafia orientale.

Gli ultimi anni dell’artista quando dipingeva con le dita stendendo il colore con i pugni e si cimentava nella pittura materica, spalmando gli impasti su compensato, cartone e materiali di riciclo, sono illustrati da opere quali Personaggio, uccello del 1976, un olio su carta vetrata, legno e chiodi.

Infine sono esposte alcune sculture, frutto delle sperimentazioni che l’artista fece nell’arco della sua vita con diversi materiali e tecniche, come collage, “dipinti-oggetto” e altre opere che col passare degli anni traevano ispirazione da ciò che l’artista collezionava che altrimenti come egli stesso scrisse -“sarebbero cose morte, da museo”.

In mostra si possono ammirare anche bronzi e terrecotte che fanno parte di un insieme di pezzi che Miró realizzò in collaborazione con Hans Spinner, a Saint-Paul-de-Vence.

Si è già detto dell’importanza del luogo di lavoro per Miró; per questo motivo sono stati ricostruiti negli spazi espositivi gli interni dello Studio Sert nel quale l’artista catalano creò i suoi capolavori. Sono esposti anche tutti gli oggetti, i pennelli e gli strumenti che Miró usava nella sua attività artistica e che si sono conservati grazie all’attività della Fundació Pilar i Joan Miró.

Mirò! Poesia e luce

Palazzo Ducale – Genova

dal 5 ottobre 2012 al 7 aprile 2013

Informazioni e prenotazioni
T +39 010 9868057

Informazioni e prenotazioni scuole

T +39 010 5574004
biglietteria@palazzoducale.genova.it

Biglietteria On line

www.ticket.it/mirogenova

Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti

Oltre 120 opere ricostruiscono a Palazzo Reale a Milano, il percorso artistico di quegli artisti che vissero agli inizi del ‘900 nel quartiere di Montparnasse: Modigliani, Soutine, Utrillo, Suzanne Valadon, Kisling e molti altri.

Modigliani era arrivato a Parigi nel 1906 sentendo quella città, come il luogo in cui avrebbe potuto “salvare il suo sogno”. Va a vivere a Montparnasse che, in quegli anni, diventa il quartiere degli artisti; non solo pittori, ma anche scrittori, come Miller e Hemingway, rifugiati politici come Lenin e Trockij, intellettuali come Jarry e Cocteau.

I luoghi di incontro sono bettole in cui si tira tardi parlando di arte e politica e non di rado le discussioni terminano in risse. Le condizioni di vita sono per tutti molto misere, ma la consapevolezza che le loro opere stanno cambiando per sempre i canoni estetici, dà la forza a Modigliani e compagni di andare avanti.

Con le opere di Modigliani, di Soutine, di Utrillo, l’arte si svincola dal soggetto ritratto e dalle tradizioni culturali e artistiche dei paesi di provenienza dei singoli artisti, scatenando la prima vera rivoluzione nel mondo dell’arte e il ribaltamento dei canoni sino ad allora conosciuti.

È in questo contesto che, come scrive il curatore Marc Restellini: “Questi spiriti tormentati si esprimono in una pittura che si nutre di disperazione. In definitiva, la loro arte non è polacca, bulgara, russa, italiana o francese, ma assolutamente originale; semplicemente, è a Parigi che tutti hanno trovato i mezzi espressivi che meglio traducevano la visione, la sensualità e i sogni propri a ciascuno di loro”.

E’ grazie a Jonas Netter, che molti degli artisti in mostra riuscivano a vivere e sostentarsi: il percorso espositivo mette a confronto i capolavori acquistati nell’arco della sua vita da Jonas Netter. Questi conosce Modigliani, Soutine, Utrillo ed entra in contatto con Valadon, Kisling, Krémègne, Kikoïne, Hayden, Ébiche, Antcher e Fournier. La loro produzione lo affascina e lo spinge a sostenerli generosamente e a comprare i loro lavori: egli diventa quasi un “mecenate”, ispirato e geniale insieme tanto che, quando Modigliani è costretto a trasferirsi in Costa Azzurra a causa di problemi di salute, compra dal giovane italiano abbastanza tele da permettergli di affrontare il viaggio, durante il quale poi l’artista lavorerà intensamente.

Di Modigliani, Netter ammira l’originalità del genio creativo, ama profondamente i suoi volti femminili stilizzati su lunghi colli affusolati, come Elvire au col blanc (Elvire à la collerette) del 1917-18 e Fillette en robe jaune (Portrait de jeune femme à la collerette) del 1917, entrambi esposti insieme a Portrait de Zborowski del 1916 e Portrait de Soutine, anch’esso realizzato nel 1916 dopo l’incontro tra i due artisti che stringono una solida amicizia, al punto che è proprio Modigliani a presentare Soutine a Netter. Di Soutine sono esposti in mostra oltre venti olii.

Allo stesso modo Netter scopre i quadri del cosiddetto periodo bianco di Utrillo, soprattuttovedute. Netter decide di proteggere questo eterno fanciullo disincantato, preda sin dall’adolescenza dei fumi dell’alcool, innamorato della madre, Suzanne Valadon, valente e originale pittrice, anche ella presente con le sue opere in mostra.

Se oggi questi lavori vengono considerati come capolavori assoluti dell’arte, non fu così all’epoca in cui videro la luce, quando venivano ritenuti veri e obbrobri. È per questo che l’intuizione di Netter appare una vera e propria profezia, oltre che un atto coraggioso e spesso disinteressato. Poco si sapeva di quest’uomo tale era la sua discrezione. Oggi, possiamo farci un’idea del suo volto grazie al ritratto che gli fece, riconosciuto da vecchie fotografie familiari, Kisling, anch’esso in mostra. E la leggenda vuole che sia stato proprio Modigliani a presentare Kisling a Netter.

A causa del suo atteggiamento così discreto, di Jonas Netter non rimane nulla di personale, se non le opere che amò e collezionò e che anche noi oggi possiamo ammirare.

Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti

Palazzo Reale – Milano

dal 21 febbraio all’ 8 settembre 2012

Infoline e Prevendita: Telefono: 02/54918
Online: Ticket.it/Modigliani