Quel che meno sopporto dei i miei figli e degli altri, sono io. 23 Febbraio 2016 – Pubblicato in: Rubriche, The Funky Diaries

specchiarsi

E’ un’intuizione che mi venne tempo fa.
Sentendo parlare di una persona, mi accorsi che chi teneva banco in questa conversazione era simile in tutto per tutto alla persona descritta.
Non era una conversazione cattiva, erano per lo più pensieri su un ‘amica da parte di una persona che analizzava gli ostacoli minanti il sentiero della serenità della grande assente.

Contorto? Forse.

Ho la tendenza all’autocritica da sempre, gli anni che passano non mi hanno cambiato sotto questo punto di vista, mi hanno solo reso più clemente nei confronti di me stessa.
Facendomi quindi un esame di coscienza, ho notato che forse, la mia teoria aveva un senso.
Succede così che i lati che meno sopporto degli altri, siano spesso quegli aspetti più o meno latenti che cambierei di me.

Questa sensazione è aumentata negli ultimi anni con la maternità, soprattutto non appena mio figlio è diventato abbastanza grande dal relazionarsi con la società.
Quello che mi colpisce dritta al petto, sono alcuni atteggiamenti sensibili che in passato, alcuni, ancora adesso, altri, mi scatenano un forte disagio personale, uno specchio perenne di quel che mi blocca o mi ha bloccato.

Io da piccola e mia figlia, oltre la somiglianza fisica, lo stupore di ritrovare tratti caratteriali comuni...

Io da piccola e mia figlia, oltre la somiglianza fisica, lo stupore di ritrovare tratti caratteriali comuni…

Esiste una forte differenza però tra la constatazione fatta sui miei cari e le altre persone.
Pensando ai miei figli, capisco che il disagio si scatena come se volessi a tutti i costi evitargli sentimenti che mi hanno portato a soffrire, a essere a disagio, all’attitudine di vivere sensazioni e sentimenti senza la giusta dose di leggerezza.

Quando si parla di adulti o conoscenti, è invece come se si alzasse un muro, una critica, un disappunto su quegli aspetti. E’ un’atteggiamento di pancia.
Sono contenta di averci pensato, perché mi aiuta a evolvermi, a sviluppare la giusta empatia che si meritano le persone che incontro ogni giorno e non ultimo, mi trasformano in una persona più aperta all’ascolto dei miei irrisolti.

Ancora una volta, i social network, hanno messo il carico da novanta sulle mie sensazioni.
Sono sempre i commenti negativi, pesanti, taglienti che mi scatenano mille domande…
Partendo dal presupposto che sono una persona che evita la polemica online, che preferisce una chiacchiera occhi negli occhi, mi sono sempre chiesta, soprattutto quando si parla di argomenti estremamente superficiali, che cosa porta le persone a schierarsi con così tanta aggressività?

Parlo di un giudizio sull’estetica di un paio di scarpe, non ti piacciono? C’è modo e modo di dirlo, e poi, è davvero così importante spendere minuti del tuo tempo per scrivere che ti fanno così schifo?
Parlo dei giudizi sui vip, cosa che davvero non capisco, dal commento sul fisico, al giudizio sugli aspetti della vita privata. Davvero qualcuno pensa di sapere cosa accade davvero nella vita di un personaggio popolare?

L’aggressività nel commentare, perché dei giudizi espressi a modo non ho nulla da dire, viva il pensiero altrui, il confronto e le discussioni, non è forse uno sfogo dettato dalle frustrazioni del momento?

Questo per non parlare di argomenti che di superficiale invece non hanno nulla e in quei casi: welcome to the jungle!

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E’ un periodo storico strano il nostro. Siamo tutti estremamente stanchi.
Si usa dire che siamo fortunati, perché non ci dobbiamo svegliare all’alba per andare a zappare la terra.
Ci ho pensato molto. E’ vero, molti di noi svolgono lavori che non debilitano fisicamente come altri, soprattutto se paragonati ai nostri nonni e bisnonni, ma noi, secondo me, viviamo un logorio diverso, meno fisico certo, ma davvero difficile.
Una stanchezza mentale dovuta alla totale incertezza del futuro. Penso alla schiera di freelance che non sa mai cosa porterà a casa il mese successivo, ma penso anche a chi è assunto con contratto a tempo indeterminato: la certezza del posto di lavoro non esiste più.

Penso all’atteggiamento che abbiamo nei confronti del futuro, i famosi discorsi da fila in posta, avremo una pensione che ci permetterà di vivere con dignità? Lasceremo almeno una casa di proprietà dopo una vita di lavoro?

L’incertezza, l’impossibilità di fare piani a lungo termine ci rendono sicuramente più fragili, stanchi, a tratti frustrati.

I commenti sui social sono forse diventati la valvola di sfogo più facile per far passare quella sensazione di nulla che ogni tanto ci riempie la pancia?

Non lo so. Io ci penso.
Perché viste tutte le incertezze elencate, tenderei, nel mio piccolo, a cercare di rincorrere la serenità. Per me, per chi mi vive attorno, per poter essere un esempio educativo per i miei figli.
A voglia a spiegar loro che non si prendono in giro gli altri, credo che sarà sicuramente più radicale far passare un altro tipo di messaggio: prima di giudicare, chiediti se non stai giudicando anche te stesso. Chiediti se il tuo giudizio non è dettato dal un tuo disagio. Chiediti cosa puoi fare, per sorridere invece che abbaiare.

Perché digrignare i denti continuamente, è davvero più faticoso.