La voce ai papà: puntata numero 1. L’enciclopedia di Sveva 15 Settembre 2010 – Pubblicato in: Cose Varie

Simone è l’Elio dei bloggers. Simone ha cultura, Simone quando parla è sempre serio…o quasi,
Simone è professionale, Simone ha un pregio unico: sa dare buoni consigli e dice sempre la verità. Oh sì, sì, Simone non ti direbbe mai, con aria da ostetrico navigato, che ti verrà il seno bluastro ad un certo punto della gravidanza adducendo prove concrete di vita vissuta in casa.
Simone non lo farebbe MAI.
Purtroppo l’ha fatto e stavo cadendo dalla sedia.
Come avrete capito Simone, oltre ad essere il giovane papà di Sveva, è un burlone impunito.
Qui di seguito il suo prezioso e personale contributo alle Funky Mamas, un testo aperto e genuino che si chiude con un ottimo consiglio.
W i papà e W Frizzi Frizzi

Prime settimane.
La prima cosa che ho imparato da mia figlia, anche se ancora non sapeva parlare e la sua voce potevi solo immaginarla dai pianti ininterrotti e dai rutti in faccia, è che quando hai un affarino come quello tra le braccia l’ultima cosa che devi fare è mentire a te stesso.
Perché quando sei nel pieno di una colichetta – nome che, a sentirlo, suona quasi innocente, ma è solo un eufemismo per indicare il lamento più diabolico che mente di padre possa mai sentire – far finta che stia andando tutto bene, che è normale, che sei tranquillo e prima o poi passerà, giusto cinque minuti poi potrai tornare a riposare… no, non è così che funziona. Non riposerai finché non confesserai a te stesso tutto quel che provi, finché non farai, da solo ed in silenzio, o al limite sussurrando a mo’ di cantilena, una vera e propria seduta psicanalitica con te stesso.
Perché la bestiolina percepisce tutto. Sente l’odore della paura, come le fiere e i bulletti. Come un indiano che accosta l’orecchio al terreno per sentire carovane di giubbe blu e mandrie di bufali, lei sente i tuoi nervi vibrare come le corde di un basso. E se la canzone che suonano i tuoi nervi non le piace, puoi scordarti di tornartene a dormire.
Mentire a se stessi, ripetere come un mantra “sono tranquillo, sono tranquillo” non fa altro che peggiorare le cose.
Lei sa. L’unica soluzione è dire tutta la verità. A bassa voce, per non svegliare la mamma.
E la verità è semplice e universale. In quel momento vorresti buttarla giù dalle scale. Perché non la smetti di piangere? Perché sto qua invece di stare a dormire o a bere in un bar. Anche lavorare, ora, sarebbe il massimo.
Non puoi far finta di non pensarle, queste cose. E in quel momento la mente è lacerata dai sensi di colpa – ricorda che hai ancora in braccio la pupetta e, inutilmente, cerchi di trovare il ritmo di cullata perfetto, se non per farla addormentare, almeno per farla smettere di piangere, per avere almeno un po’ di tregua sonora – e il peggio è che non puoi confessarlo a nessuno. A chi vorresti dire che tutto ciò che vuoi fare è prendere e andartene e abbandonare tutto, o peggio ancora buttare l’innocente creatura giù per la rampa di scale? A nessuno, ovvio. Queste cose si pensano ma non si dicono. Anzi, sei un padre snaturato anche solo a pensarle.
Tutto sbagliato! Queste cose si pensano. Lo hai pensato, no? E si devono anche dire.
Ma a chi? Scartando la suocera, che non è proprio il caso, o la tua compagna che è ancor meno il caso – povera, prima il parto poi le notti senza dormire, poi gli ormoni che impazziscono – ecco la soluzione: a lei, alla bestia infernale che si dimena e urla tra le tue braccia sapientemente in posizione “colichetta”. E’ a lei che devi dire la verità perché il demone che si è impossessato di te ce l’ha messo lei nella tua testa.
E allora, sempre a bassa voce, confessa tutto. Dille tutto. Con calma, ma tutto.
Le parole usciranno da sole e pian piano, senza accorgertene, entrerai in contatto con il ritmo dell’Universo. Il demone se ne andrà, almeno per le prossime 2/3 ore, e il tuo ballonzolare a destra e a sinistra diventerà il ritmo perfetto, il respiro di Dio, e dalla nuda e cruda verità scoprirai che dalle tue labbra usciranno melodie inaspettate. La canzone giusta, al momento giusto, con un’intonazione che non sapevi neanche di avere. E dondolando dondolando raggiungerai il primo gradino dell’illuminazione paterna. Lì, ad occhi chiusi, in salotto, mentre il cane di tua suocera russa sul divano, passerai dalla verità alla Verità.
Lei, tua figlia, passerà da potenziale vittima di infanticidio ad astro che illumina la tua vita e in un tripudio di la-la-la la colichetta lascerà il suo corpo senza bisogno di esorcismi e la pace regnerà in terra, per gli uomini di buona volontà. Tu.
E ora a letto. Il prossimo turno tocca a sua madre. Cazzi suoi.
La sua prima enciclopedia.
Mentre la casa si va riempiendo di libretti gonfi con su gattini, scimmiette, gatti col fiocchetto, denti di dinosauro, cani pelosi, fate con gli occhiali da sole… tutte cose che adora e che conosce a memoria, dopo un po’ se non si annoia lei si annoiano di sicuro la mamma ed il papà.
Ma un buon vecchio blocco ed una penna possono risolvere una piovosa domenica pomeriggio: visto che Sveva chiacchiera a tutto spiano abbiamo fatto una lista delle parole che sa ed abbiamo iniziato a disegnarle creando “la sua prima enciclopedia illustrata”. Ovviamente in progress. Man mano che ne impara (e noi ce ne accorgiamo) di nuove le aggiungiamo.
Così lei gioca e allo stesso tempo “ripassa”. E rimarrà, se non lo distrugge prima, un ricordo incredibile da tenere in libreria.
Unico problema: i concetti astratti. Mentre “saltare” e “correre” riesci comunque a disegnarlo per “bello”, “ancora” e “mio” abbiamo qualche problema.”