Kokeshi e Hagaromo 11 Aprile 2011 – Pubblicato in: Handmade – Tags: ,

Conoscete le kokeshi, le bambole tradizionali giapponesi fatte a mano?

Io e Tatù ne andiamo letteralmente pazze. La kokeshi-mania in casa nostra è esplosa qualche mese fa grazie al meraviglioso libro di Annelore Parot,Yumi.

Purtroppo al momento, oltre a Yumi, della stessa serie in edizione italiana esiste solo un altro titolo, Kimono.
Ma, nell’attesa che la Franco Panini Ragazzi pubblichi qualche altro volume, è possibile acquistare i titoli in edizione originale direttamente sul sito che Annelore Parot, la bravissima illustratrice francese autrice di questi splendidi libri, ha dedicato al magico mondo delle kokeshi.

Le kokeshi, considerate le antesignane delle matrioske, sono generalmente realizzate in legno, ma, specie fra i modelli più recenti e creativi, ne esistono anche in materiali diversi, per esempio in stoffa
o in carta.

Poiché sono ritenute di buon auspicio contro la cattiva sorte, si usa regalare le kokeshi a persone veramente speciali.

Quando, lo scorso mese, il Giappone è stato colpito dalla catastrofe che ha messo in ginocchio il paese, ho preso spunto dal libro di Annelore Parot per spiegare a Tatù, sia pur brevemente e per sommi capi, ciò che allora stava avvenendo nel Sol levante… E ricordo che lei mi ha detto: «Mamma, come vorrei regalare a tutti i bimbi e le bimbe giapponesi una kokeshi, così la bambolina li protegge e gli porta fortuna…».

Guardando insieme a Tatù le splendide fantasie degli abiti che indossano le kokeshi di Annelore Parot, mi è tornato in mente un libro, che lessi qualche anno fa. È un libro molto bello e particolare, a me molto caro perché mi ha aiutato a superare un momento difficile: si intitola L’abito di piume ed è di Banana Yoshimoto. Il titolo originale del romanzo, Hagaromo, indica un tipo di kimono che le tennyo, figure mitologiche dalle sembianze di donne-angelo, indossano per volare fra il mondo terreno e l’aldilà.

Nei giorni scorsi, sui giornali e alla televisione, sono state tantissime le storie, non di rado strazianti o tristissime, che si sono raccontate sulle vittime della tragedia giapponese. Ce n’è una però che, chissà perché, non riesco a dimenticare: quella di un ragazzino di nove anni che ogni giorno vagava tra gli sfollati dello tsunami in cerca dei suoi cari con due cartelli in mano. Sul primo, i nomi dei genitori, della nonna e dei cugini; sull’altro, la frase: «Tornerò anche domani».

 

A volte mi capita di ripensare a quel bambino, al suo faccino paffuto, alla sua espressione saggia e dignitosa, da ometto che è sul punto di piangere ma si sforza di non farlo…
E mi ritrovo a desiderare con tutto il cuore che per lui e per tutte le persone che come lui stanno soffrendo in Giappone, possa esistere una tennyo, che li rivesta con un abito di piume e ne allevi il dolore.

Chiara I.