In fila 7 Luglio 2016 – Pubblicato in: Cose Varie

A giugno è nata.
Un anno di vita che somiglia a Da sempre, incredibilmente. Io che dovevo fare ancora pace con l’essere figlia, due mamme che dovevo ancora capire bene come erano andate le cose e dire ancora qualche grazie, chiedere ancora coccole nonostante non fossi il tipo. Così dicono, così la pensano. Tutte idee fuori, dentro completamente diverso. Una figlia vuole la sua mamma sempre. E questo, forse, rendeva la notizia ancora più faticosa.

Era il 23 febbraio del ’91 quando sono arrivata con un diretto Addis Abeba- Roma. Di quelli che non torni indietro, di quelli che ti fanno dimenticare il prima se vuoi riuscire a vivere il dopo. Mamma aveva i suoi occhiali tondi, i boccolini disordinati, che non ho mai voluto toccare pur sapendo che erano morbidi e sottili. Toccarli li rendeva reali, guardarli e studiarli da lontano significava averli sempre dentro di me e non dover mai dire addio. Come avevo fatto con l’Altra, che ho dimenticato subito, di cui non ricordo il volto neanche quando dopo 23 anni avevo ricevuto una sua foto. Non sapevo chi fosse. E non lo saprò mai perché a dicembre se né andata per sempre. In un posto dove forse potrà ricominciare dall’adolescenza che non ha avuto, per avere me.

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Perchè succede, vai via, ti dimentichi. Funziona cosi per noi figli senza cordone ombellicale. Lei diventa la tua mamma, l’altra diventa un mistero. Lontano, fisso nella mente, innominabile, che nei momenti difficili cerchi perchè pensi che possa aiutarti solo lei a superare il vuoto. Anche quello però è lontano, fisso nella mente, innominabile. Che nei momenti difficili è il tuo nascondiglio.

Quasi nello stesso periodo della mia gravidanza, su instagram mi sono imbattuta in @ilfruttodellapassione. Si definisce “mamma senza pancia”, una mamma adottiva. Non ci avevo mai pensato che io ero una figlia di una donna senza pancia. E in quel momento la mia iniziava a crescere e Arianna a farsi sentire. Mamma senza pancia, incredibilmente lontano da tutto quello che era per me la mia mamma. Ma incredibilmente vero.

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Ma ho conosciuto la mia famiglia che avevo già 6 anni circa, mia sorella ne aveva 12 e l’altra, anche lei adottata arrivò a casa che aveva 9 mesi. In casa nostra non si vedevano le pance ma bambini. La Vita. La nostra normalità era fatta di tutto tranne che del Prima. Del concepimento dell’essere famiglia, lo eravamo per scelte. Ecco perchè ho passato 9 mesi ad aspettare che nascesse, e solo il 23 giugno alle 13.28 ho ricominciato a respirare, quella storia della gravidanzastatodigrazia mi uccideva i neuroni, il resto lo facevano gli ormoni. Non ho mai avuto quella cosa chiamata istinto materno, ma guardavo le mamme con curiosità, ne studiavo i comportamenti, i gesti, gli sguardi, dei loro figli non mi interessava. Guardavo solo il loro essere mamme. Cercavo di capire cosa significasse Esserlo.

Poi è nata e qualcuno ha detto che somigliava al papà. Ovvio, ho pensato.

Poi qualcun’altro disse che somigliava a me.

Che vuol dire?

L’espressione del viso.

Ah ok, allora si.

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Conoscevo solo quel tipo di somiglianza. Perchè noi figli senza cordone ombellicale siamo figli senza volto perchè viviam in una società in cui si parla poco di adozione e troppo spesso di DNA. Devi somigliare per appartenere. Però mia madre andava a scuola e gli insegnanti erano colpiti dal fatto che io parlassi come lei, che gesticolassi come lei. Ovvio, passavo il mio tempo con lei e lei il suo.

Ovvio ero figlia sua. Stupore incomprensibile.

Oggi cucino muovendo le mani e le dita come le muoveva lei. Non ho le sue ricette, non mi ha mai insegnato ma adoravo star seduta sul tavolo della cucina, la guardavo muoversi di spalle, un po’ di pepe, un pizzico di sale, avvicinava alla bocca il vecchio cucchiaio di legno e poi ricominciava la danza. Ero figlia sua per questo. Perchè volevo essere come lei. Perchè andava a letto tardi per farmi studiare tutto e non mandarmi impreparata a scuola, perchè mi allacciava le scarpe, perchè mi portava in giro per negozi, sarte, antiquari, mercatini e fiere. E oggi mi manca come l’aria sentire quella mano che mi stringeva a spasso per la città.

Perchè sono sua figlia.

Ma senza volto, perchè devi essere dentro un albero genealogico, perchè la famiglia Mulino Bianco li hanno scelti cosi bene che si somigliano tutti veramente, perchè la Famiglia è una questione di sangue. La tv, i giornali, le pubblicità non hanno mai preso in considerazione l’esistenza di famiglie senza pance, di famiglie miste. Non siamo normalità. Siamo una storia che qualcuno vuole che gli racconti, ma che nessuno vuole vedere. Leggendo il blog di @ilfruttodellapassione, i commenti in particolare, mi son resa conto di quante mamme senza pancia abbiano bisogno di parlare, di confrontarsi. Di esistere. Di quante famiglie senza volto, senza posto.

In fila, come gli anni di attesa perchè ti arrivi tuo figlio. In fila, come gli anni in cui ti studiano e ti analizzano per capire se sei idoneo, in fila ad aspettare di essere riconosciuto. Allora oggi sono mamma, con la pancia, ho aspettato solo 9 mesi, lei ha il mio stesso sangue. Ma sarà figlia mia e saremo famiglia, quando avremo un posto tutti, saremo raccontati, saremo guardati e raccontati ancora, quando faremo parte di un noioso Tutto e non di un caso, quando Esisteremo. E allora sarò una figlia con un volto, una mamma con la pancia, una donna che vive in una società in grado di vivere il suo tempo di realtà.

In fila, ma solo per guardare le stelle