Il libro sul comò 28 Febbraio 2011 – Pubblicato in: Cose Varie

Galeotto fu il diciotto (di febbraio)

La scorsa primavera, arrivando, come al solito trafelata e di corsa, alla Stazione Centrale di Milano, invece che sul treno per Torino sono salita su quello per Tirano.
Una volta a bordo, mi sono accasciata sul sedile e, dopo aver ripreso fiato, ho iniziato a leggere un libro.
Il punto è che il libro in questione era così bello e avvincente che mi sono accorta di essere sul treno sbagliato solo parecchio tempo dopo, quando, alla prima fermata, ho casualmente sollevato l’occhio dalle pagine e ho visto intorno a me un paesaggio incantevole, certo, ma poco familiare. Un lago, delle montagne… «Oddio!» ho esclamato in preda al panico rivolta alla signora che mi sedeva accanto. «Ma questa non è Novara!». E no che non era Novara. Era Lecco.

Scesa di filata alla stazione di Lecco, ho dovuto aspettare il locale che procedeva in senso opposto, tornare a Milano e da lì prendere finalmente il treno giusto per rientrare a Novara ormai a sera inoltrata.
Il fatto è che, invece di infuriarmi o abbattermi, mi sono detta: “Poco male, così almeno posso continuare a leggere”.
Per la cronaca, il libro in questione era questo qui

Pur sapendo che il resoconto della mia disavventura ferroviaria mi farà perdere credibilità e pubblico – molti di voi penseranno, del tutto legittimamente peraltro, che non è il caso di affidarsi ai consigli librari di una che è più svampita di Bridget Jones –, so anche che parecchi altri, al contrario, capiranno bene quel che intendo dire.
Perché, quando capita di imbattersi in certi libri con i quali scocca, sin da subito, dalla prima pagina, se non addirittura dalla prima frase, un vero e proprio colpo di fulmine, ci si ritrova talmente immersi nell’atmosfera e nelle situazioni che il libro racconta da perdere il senso della realtà – oltre che la strada di casa.

La scorsa settimana, mentre mi aggiravo tra gli scaffali di una libreria in cerca del volume da proporre in questa “rubrica”, speravo di trovarne proprio uno simile: uno che ti prenda e ti coinvolga a tal punto che fatichi a separartene, e che divori così in fretta che rimane parcheggiato sul comodino per poco, una o due sere al massimo.
Dopo un’ora di vana ricerca, stavo quasi per uscire dalla libreria a mani vuote, frastornata dai troppi titoli e dalle troppe quarte di copertina che annunciavano l’immancabile capolavoro di turno, quando, passando davanti allo scaffale dei libri in classifica, sono stata attirata dall’ultimo di Niccolò Ammaniti.
Io di solito non amo leggere i best-seller, o almeno non nel periodo in cui sono in vetta alle classifiche: preferisco lasciar decantare, aspettare che passi un bel po’ di tempo.
Però Ammaniti è bravo, mi è sempre piaciuto come scrive (anzi, a dire il vero, in epoca universitaria, quindi secoli fa, ne ero pure innamorata), e così, per curiosità, ho aperto il libro. Scorrendo le prime righe, ho scoperto che la storia di Io e te inizia lo stesso giorno e lo stesso mese in cui è nato questo blog, il blog delle Funky Mamas: diciotto febbraio.
“Alt: fermi tutti!” ho pensato. “Questo dev’essere un Segno”.
Ho pagato il libro alla cassa e, una volta a casa, ho iniziato subito a leggerlo. Scoprendo immediatamente che il Segno… aveva colto nel segno.
Non solo Io e te è uno di quei libri di cui, appunto, ci si innamora dalle prime righe, ma – e tu guarda, a volte, le coincidenze – ha un sacco di elementi in comune con il libro di Cameron. I protagonisti sono tutti e due adolescenti, hanno entrambi evidenti problemi di socializzazione, specie con i coetanei, al punto che tutti e due finiscono, per volere dei genitori, da uno strizzacervelli, ed hanno entrambi come migliore amica la nonna.
Io e te è un piccolo libro, quanto a dimensioni, e si legge d’un fiato, ma resta dentro a lungo, e il personaggio di Olivia è di quelli che non si dimenticano. Inoltre, pur essendo una storia malinconica, struggente e a tratti persino claustrofobica, non lascia l’amaro in bocca, anzi…

Buona lettura!