Il mio alfabeto segreto – Diario di una single: D di Daniele e il suo matrimonio felice. 8 Aprile 2014 – Pubblicato in: l'Alfabeto di una Single – Tags: , , , , , ,

Forse, come dice una delle mie più care amiche, avrei dovuto tenermi stretto D, il mio primo, vero fidanzatino. E per “vero” sottintendo tutta quella storia imbarazzantissima delle presentazioni in casa. E delle ancor più imbarazzanti minacce da parte di mio padre di fargli saltare le ginocchia con una mazza, riesumata per l’occasione dalla cantina, alla prima avvisaglia di comportamento poco corretto nei miei confronti. Non vi dico in che maschera di terrore si è trasformata la sua faccia durante la presentazione ufficiale. E non vi dico la mia pensando al motivo per il quale mio padre tenesse un arnese del genere sottomano.

Comunque, aveva diciannove anni e l’unico vero suo pregio era il fatto che mi adorava, letteralmente. Oltre ad essere veramente tanto tanto ma tanto ricco. Ma per me l’aspetto finanziario non ha mai costituito una discriminante, tanto meno a sedici anni, quando avevo accanto un ragazzo con la voglia di vivere di un novantenne, una calvizie incipiente ed anche un accenno di gobba. Non che fosse un mostro, anzi era davvero carino. Però era proprio vecchio dentro, e io che non lo ero per niente gliene ho fatte passare di tutti i colori, finché non si è messo il cuore in pace e mi ha lasciato libera di percorrere i tortuosi sentieri dell’amore.

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In realtà, pochi mesi dopo la rottura c’è stato un ultimo e disperato tentativo di riavvicinamento da parte sua. Lui però nel frattempo non era stato colpito dalla sindrome di Benjamin Button, per cui il suo tentativo è miseramente fallito.

E pensare che persino mio padre era riuscito a digerire la situazione, tanto che aveva deciso di riporre in solaio la sua preziosissima mazza.

Comunque siamo rimasti amici e ci siamo persino iscritti nella stessa palestra. E sono stata davvero felice quando mi ha raccontato di aver conosciuto una ragazza. E anche quando mi ha raccontato che si erano messi insieme.

Un po’ meno lo sono stata quando lei gli ha proibito di salutarmi e lui, da grande uomo di polso quale è sempre stato, ha tenuto fede alla sua promessa fino a qualche mese fa, quando, dopo la bellezza di dieci anni, ha deciso di far finta di niente e di degnarsi di salutarmi dandomi i due classici bacini sulle guance.

Ovviamente Lei era di spalle, ma il brillante grande come un cocomero che portava al dito insieme alla fede, le conferivano un certo senso di sicurezza. Le sta proprio bene quel solitario gigantesco, quanto meno l’attenzione si focalizza sulla luminosità della pietra e non sui suoi vestiti sciatti, sul suo taglio insignificante e sulla sua faccia da criceto. Ma io non porto rancore, e sono contenta per loro. Sono sicura che è un matrimonio felice e che si amano alla follia e che si divertono da matti, anche se da quando stanno insieme la loro settimana è pianificata come il pranzo alla mensa di un asilo.

Se non avessi avuto tutta quella voglia di divertirmi, a quest’ora al suo posto ci sarei io, e al mio dito ci sarebbe il cocomero. Ma lui ha veramente quattro peli in testa, la gobba e la voglia di vivere di un novantenne e, checché se ne dica, è meglio che sia andata così altrimenti, per colpa del cocomero, ora la gobba ce l’avrei anch’io.