Vedo i suoi occhi sorridere 12 Giugno 2014 – Pubblicato in: Le Storie Semplici – Tags:

Arriva a prendermi a San Salvario. È una sera di giugno, sono quasi le 23, e le strade sono piene di gente. Ogni volta che inizia l’estate, vedere le persone che se ne stanno in giro a chiacchierare, bere e baciarsi mi riempie di buonumore. Poi quando arriva settembre mi sono già abituata, però in quel momento, quando ho la sensazione di aver anche questa volta superato l’inverno, sono felice.

Lui arriva e io faccio salire mia figlia, che prima di uscire si è agghindata come una piccola ragazzina. Ha quattro anni, nemmeno sa cosa voglia dire essere ragazzine.

Entro e dico «Corso Vittorio 80, grazie».

È giovanissimo. Per un attimo ho la sensazione di averlo già visto.

qualche dispiacere

Fa caldissimo dentro il taxi. Mi tolgo la giacca e la tolgo anche a mia figlia. Cerco di tenerla sveglia. Le chiedo se le è piaciuto lo spettacolo, le indico le scritte rosse gialle e arancioni per strada, le parlo di domani. Andrò a prenderla a scuola alle 13, dopo pranzo. Non c’è cosa che lei ami di più al mondo: quando tutti i suoi compagni restano in classe, e va via con me.

«Però ti devi svegliare presto domani»

«Sì mamma, certo, mi sveglio presto».

E io so che sarà così, e che per una volta non ci sarà bisogno di tirarla giù dal letto. Ai bambini basta la promessa della felicità per fare bellissimi sogni.

«Signora, mi scusi, sono nuovo in questo lavoro. A che altezza è di corso Vittorio?»

«All’altezza del monumento».

Sto zitta un secondo, e poi dico «Se è nuovo, allora in bocca al lupo! E che lavoro faceva prima?»

In questa città in crisi ci sono ex dirigenti, ex impiegati, ex imprenditori che ora fanno i tassisti.

«No, io prima ero via. Ero all’estero». Lo dice sorridendo. E mi rendo conto che è dall’inizio della corsa che nello specchietto retrovisore vedo i suoi occhi sorridere.

«Davvero? E dove?»

«A Rio de Janeiro»

«Che bello! E quanto è rimasto là?»

«Due anni»

«Le manca?»

«Sì. Ma a un certo punto sono proprio dovuto tornare». Fa una piccola pausa, e poi, con la stessa espressione «Ho avuto qualche dispiacere, e quindi ora sono qua.»

«Mi spiace».

«Si figuri. Mio fratello è mancato sei mesi fa. E poi mio padre, dopo poco tempo»

Sono senza parole, e lui ha ancora gli occhi che sorridono. Vorrei dire qualcosa di intelligente ma non mi viene in mente nulla, e siamo davanti al portone.

Mia figlia è ancora sveglia.

Apro la borsa e cerco il portafogli e qualche parola di conforto.

«Allora un in bocca al lupo ancora più grande. Di cuore» E sorrido anche io questa volta. Sorrido tanto.

«Grazie!» mi risponde lui girandosi per guardarmi, e la luce dello specchietto gli illumina il viso. «Grazie di cuore».

Apro il portone, lui riparte lento. È nuovo, non conosce ancora bene le strade. Da Rio a Torino, per qualche dispiacere.

Lo guardo allontanarsi. Non vedo il suo viso ma so che sta ancora sorridendo. E guardando avanti.

«Sei stanca, amore mio?»

«Sono stanchissima, mamma, andiamo a dormire».