Sapete cosa mi indigna dell’affaire Ferragni? 9 Maggio 2017 – Pubblicato in: Cose Varie, The Funky Diaries

In primis: l’indignazione.
Sentimento che solitamente applico ad altre questioni.

Foto presa dall’about di Chiara Ferragni

Mi infastidisce chi le scrive vai a lavorare.
E’ grave, ci tiene fermi al paleozoico.
La pubblicità, il marketing e contorno fanno parte di percorsi di studio.
Ah, fa la fashion blogger! Ma raramente leggo che paga lo stipendio a tanti giovani sui trenta, quelli che in Italia, a quanto leggo, non hanno vita facile.
Giovani che stanno facendo un’esperienza incredibile nella comunicazione a livello internazionale. Dici poco, dici.

Eh ma è un’idea del suo ex fidanzato. Partiamo dal presupposto che saper riconoscere e formare un team è un talento. A volte basta questo in un’impresa: la scelta giusta dei collaboratori.
Mi indigna un pensiero che spesso mi passa per la testa: se fosse rimasta in Italia, ce l’avrebbe fatta?

Mi indigna il fatto che i social network sono un’opportunità solo quando conviene.
Ricordo il mio primo approccio prima su myspace e poi su facebook: si condivideva tutto come pazzi.
In moltissimi lo fanno e tra questi, tante persone che sui social non ci lavorano: è giusto, è sbagliato? Ai posteri l’ardua sentenza.

Io intanto mi bacio i gomiti di essere una che crede nelle mezze misure e di non aver avuto questi mezzi a disposizione come prima generazione in età da adolescenza.

“Vivono di markette.”

Mi ricordo la nascita dell’ultimo figlio di una blogger francese, in particolare la prima foto del pargolo su instagram: era tutto un tag.
Abituata all’italia scorro i commenti alla ricerca di un po’ di indignazione.
Zero.
Porca miseria, in effetti guadagnare soldi taggando marchi non crea danni a nessuno, sta a vedere che i suoi followers pensano semplicemente: ehy, porta a casa la pagnotta così, senza pesare sulle casse dello stato o dei parenti e siccome mi piace come lo fa, mi va bene.

Non sopporto più chi parla di totale assenza di valori.
Il lavoro onesto, per me, è un valore. Dietro ad ogni storia di successo c’è appunto, il lavoro. Anche farti sembrare che non lavoro è un lavoro.

Mi inalbera all’inverosimile che non sappiamo usare i social networks e questo è il problema fondamentale di tutta l’affaire Ferragni Fedez.

E’ troppo. Il troppo non va mai bene.
Se il tutto fosse circoscritto ai loro canali non ci sarebbe tutto sto casino.
Quando si verifica il successo di un contenuto su facebook, non si analizzano solo i like ma anche le persone raggiunte e i commenti. I commenti in generale però: non se sono positivi o negativi.
Ogni volta che ci fermiamo a commentare o che semplicemente ci soffermiamo su un post, decretiamo la validità del contenuto. Risultato? Otteniamo altri contenuti del tutto simili perché generano traffico.

Purtroppo esiste una quantità inverosimile di cose per le quali non si può non vedere e ci si deve indignare: perché è giusto, perché si deve.

Loro fanno il loro, l’eco l’hanno creato gli altri.

Angolo auto marchetta: anche io come Chiara ho un blog e un negozio online, solo che non mi ha detto bene come a lei, per ora…
Scopri il negozio QUI  (Faccina che strizza l’occhio con linguaccia annessa)

Vi prego, parliamo di valori e indignazione dove serve.
Che poi importa davvero a qualcuno?
Mi sono esposta con i discorsi di moda etica, pur ammettendo di non potermi sempre permettere prodotti puliti.
Ci ho guadagnato di non poter più lavorare con determinate aziende anche se non me lo posso permettere, i miei post non sono diventati virali, esiste un popolo di sottopagati senza andare all’estero, un popolo che non conosce frontiere e c’è chi dice che saremo la prima generazione a percepire una pensione da fame, se mai la percepiremo.

Mi sto già pentendo perché se questo post creerà discussione dovrò starci dietro e sono in ritardo su tutto.

Vorrei ma non posto.
E poi posto. Come Fedez.