Quando andavo alle Fashion Week di Milano 28 Febbraio 2014 – Pubblicato in: The Funky Diaries

Ebbene sì, anche io facevo le fashion week.

Ne ho vissute tante, fino a farmele venire a noia. Era quando i cellulari li usavi per mandare al massimo gli sms, le fashion blogger erano una parola sconosciuta e un paio di buyer ancora sedevano in front raw. Non voglio dire fosse meglio, era diverso.

Alle fashion week ci lavoravo, con Francesca e la sua meravigliosa mamma. Io ed un plotone di altre universitarie in cerca di reddito ci sparavamo dai fitting al catwalk e pure le campagne vendita come vestiariste aka quelle sante mani che abbottonano camiciole in 4 secondi netti, mentre con la forza del pensiero riescono ad infilare tacchi su fette da 40/41.

Lavoro sottostimato, perché oltre ad essermi divertita “ho visto cose che voi umani…”

Difatti alle prossime sfilate voglio tornare in pista, ne vorrei fare un paio, rispolverare l’ansia da “Cazzocazzocazzo ho 5 uscite e 3000 robe da infilarle su. A sto giro mi salta (l’uscita)” e poi dopo la passerella finale la pianti di sudare come un asino al sole e abbracci il tuo attaccapannidi turno manco fosse tua sorella.
Full fashion jackets.

Nella mia onorata carriera ho collezionato una serie di aneddoti incredibili, figure di gesso spettacolari e rischiato di trovarmi a Hollywood. Beh forse no, ma chi può dirlo…il fratello di Uma Thurman voleva ballare con me, però io non ho retto allo stress da cognome e poi era troppo magro, biondo e alto.

Ma che hai visto nei backstage? Vi chiederete e giustamente.

Ho avuto modo di controllare da vicino le puppe della Giselle e constatato che il suo cagnolino sonnecchiava su un plaid di Loro Piana, nascosta in una portantina di Vuitton. Ho odiato entrambe, per questo e altro.

Erin O'Connor by Photo

Erin O’Connor by Photo

Mi sono sparata quasi tutte le sfilate di Alessandro dell’Acqua vestendo solo Erin O’Connor, la donna più alta e senza tette del mondo, ma di un’eleganza mostruosa. La davano sempre a me perché i miei 175 cm aiutavano parecchio la svestizione veloce. La amavo, la Erin, poi un giorno mi disse che nell’ultima uscita non se la sentiva di sfilare  con un costume intero color carne.

Scenetta:

io: Whaaaat?
Erin: I’m not the right kind of woman
io: Put this on
Erin: I cant, do it for me, you’ve curves you’re right for this, not me.
io: Eh già bella, a te danno 20000 euro per metterti quel coso, a me “qualcosa” di meno per mettertelo…mi stai pigliando per il culo?
Erin: What?
io: Oh nothing important. Ok, speak with Ale and let me know.

Mi son presa della culona, fa niente, giuro che avrei venduto mia madre per farle mettere quel costume addosso!
Ovviamente ha sfilato ed era una gnocca paura.

Volevo anche dirvi che il povero Dell’Acqua è stato insultato da me medesima (però avevo ragione). Ero ad un passo dall’uscita, Erin con una giacca di visone e dovevo appuntarle una rosa in seta. La spilla era minuscola e ovviamente non riuscivo a bucare la pelle: “Chi è quel coglione che ha fatto sta roba!” – “IO”-” E allora mettigliela tu, cazzo!” Era Alessandro e meno male che è uno tranquillo, non so mica se da Krizia me la sarei cavata eh…

Comunicato di servizio: Alessandro sei bravissimo, sempre stato e sempre lo sarai, io la collezione tutta in pelle dipinta me la ricordo ancora. Lo splendore.

Carmen by Testino

Carmen by Testino

Ho lavorato anche con Carmen Kass. V’assicuro che ride e la sua bellezza tramortisce. Quella volta eravamo in due a vestirla. In due? Perché non me lo ricordo, forse ho cominciato a dare una mano alla “collega” nel momento in cui ho sentito Carmen che diceva “tigh tigh” e l’altra che le rispondeva in piemontese.

Vi giuro, giuro e rigiuro che nella mia mente vedo la “Jadore” -al tempo era testimonial del profumo- seduta su una sedia con me che le levo i pantaloni e l’altra che le urla “Tram chi il pè, tram chi il pè Jadore. Il pèèè!

Lacrimavamo io e la modella  in preda all’ilarità più totale, ma anche quella volta: ce la siamo portata a casa!

alekwek

Alek Wek

Poi vabbè, vi tralascio l’allure di terrore quando andavamo da Ferrè. Con tanta simpatia eh, ma per evitare incroci di sguardi mi nascondevo dentro gli stand o dietro le colonne. Quella volta che mi diedero un paio di pantaloni a sigaretta, in pizzo, trasparenti, pieni di gemme e perle, il tutto solo imbastito ho perso 10 anni di vita.

Metà di quella collezione era imbastita e basta, i cambi erano andati avanti tutta la notte, un delirio. Sta di fatto che la situazione era

1) un paio di pseudo pantaloni che potevano potenzialmente cadere a terra in passerella

2) Alek Wek come modella.

Lei aveva lo sguardo del “timore” io del “terrore”. L’estrema magrezza, un paio di magheggi miei e la sua professionalità ci hanno salvate e salvato le sarte, che poi, a fine sfilata si sono messe a piangere come fontane.

Con Alek e “i pantaloni assurdi” ho dato due volte; la seconda per colpa di un jeans tempestato di pietre preziose, tanto preziose da avere due energumeni della Civis di fianco a noi. Io allibita, lei incazzata e giustamente. Siamo riuscite a infilare e sfilare il jeans senza manco sbottonarlo…e chi lo toccava un bottone da 300000 karati?!

Tralascio le domande intelligenti che i giornalisti facevano ad Alek: “Ti metteresti questi jeans per andare in discoteca?” Dai vabbè, provaci ancora zia…

Anna Piaggi l’ho incontrata milioni di volte. Era sempre magnifica, forse uno dei ricordi più colorati delle fashion week.
Giusi Ferrè a mio parere, un mito. Sempre pacata e attenta ad ogni minuscolo e miserrimo dettaglio dei capi.

Ma il TheBestOf va a Re Giorgio. Sempre un signore, che ci dava del lei e le modelle le chiamava “Mannequin”. Tutto lo staff agitato ma “preso bene”, disponibile e professionali, come dovrebbe essere sempre.

Consapevoli del fatto che non stavano sminando un campo in Afghanistan e potevano sorridere.

beatricemodels_samuriva

Samu Riva by Beatrice Models

Fare le sfilate da Armani significava passare il pomeriggio in un antro oscuro nell’headquarter in centro, ma te ne fregavi, era bello. La mia prima sfilata è stata proprio da Armani, era l’uomo.

Vedo un tale e gli dico

io: ” ma ti ho già visto? Sei in cattolica”
lui:” no sono al liceo”
io:”Uhm mm devi essere amico di qualcuno”
lui:” anche a me sembra di conoscerti, ciao sono Samuele, vieni alla festa stasera”
io:”Ciao io sono Chiara, la festa? Boh non lo so, forse….aaah forse ho capito perché avevi un aria così familiare”
lui:”Perché?”
io:”Ahahahah, no niente, somigli al cugino di una mia amica” (palla)

Samuele è stato appeso per mesi in formato mega cartellone in piazza San Marco.
Se fai le sfilate ste figure ti vengono di default.

Non so se quella volta andai alla festa, ma di quella nella quale la mia amica Mary non ha baciato Ashton Kutcher me la ricordo.

“Ah Chià c’è sto qui che mi sta appiccicato”
“Che vuole?”
“Ci provaaa, vedi un po’ come si chiama Ashhtn, Astn, boh”

Non ve lo dico neppure perché non voleva baciarlo, prego tutte di rispettare un minuto di silenzio.

Eva by Hedi

Eva by Hedi

Insomma, metà delle belle donne del globo in voga agli inizi del 2000 me le sono beccate/vestite tutte. Mai la Kate però: ho visto Eva Herzigova struccata e meravigliosa, Karen Elson prima che decidesse di cantare, Karolina Kurkova prima che sposasse un miliardario, anche Martina Colombari, Alena Seredova, Devon Aoki, Sophie Dahl (la nipote del papà di Willy Wonka, sì è stato difficile vestirla e tacere). Tutte in mutande e toniche.

Quando finivi la fashion week tornavi a casa sfranta fisicamente e mentalmente.

Molte volte era un suicidio dell’autostima e mi ripromettevo “Mai più”, poi Francesca mi chiamava e io mi segnavo giù il calendario delle sfilate, pronta a morire per l’ennesima volta! Queste sono solo pochissimi aneddoti, magari di post ne faccio un altro anche perchè non ho volutamente descritto quasi nulla sulle sfilate maschili, in questo caso devo chiedere svariate autorizzazioni…

Per il resto le sfilate mi hanno fatto capire che le signore di cui sopra sono state dotate di geni differenti dai miei. Se vuoi fare la modella devi essere più o meno un’aliena, altrimenti lassa sta.