Non giudicare un bambino dal telefonino. 15 Novembre 2017 – Pubblicato in: Kids

Poco tempo fa mi è capitata una conversazione che mi ha fatto riflettere parecchio.

Una ragazza mi faceva tanti complimenti sui miei figli che giocavano zozzi in mezzo al verde.
Lou era impegnatissima con la sua grande passione per sassi e sassolini, seduta per terra con i pantaloni macchiati di fango all’altezza delle ginocchia.
Leo correva, si arrampicava, cercava una rana benché gli avessi spiegato che non c’era nessuna possibilità di poterne trovare…

La ragazza mi dice che lavora in una struttura turistica che ospita spesso famiglie e che ne vede di cotte e di crude.

“Magari fossero tutti come i tuoi, i bambini di oggi! Invece li vedi, piccolini come la tua, seduti al ristorante con il telefonino… Pazzesco.”

Aggiunge anche un qualcosa su questi genitori che invece di parlarci li lasciano lì, a inebetirsi davanti a uno schermo…

“Sempre sia lodato Netflix” è la prima cosa che ho pensato.

Imbarazzata, le dico che “è un po’ più complicato di così…”.
Non so quanto sia un problema mio ma quando sono al ristorante o in un albergo o in treno, ho sempre un po’ l’ansia che i bambini disturbino.

In parte, credo sia giusto, dall’altra credo sia un esagerazione dei nostri tempi.
La via di mezzo, come sempre, sarebbe cosa buona e giusta.

E i ristoranti child free, e i “ai miei tempi si stava a tavola zitti e muti, altro che corre attorno al tavolo” e i consigli non richiesti di buona educazione mentre si sta parlando di un bambino che magari non è ancora in grado di parlare correttamente.

Io all’educazione ci tengo. Al rispetto della quiete degli altri, anche.

Ma non sono qui per fare un pippone su come educare i bambini, non saprei nemmeno da dove cominciare.
Quello che so è che con Lilou ancora così piccola non impazzisco nemmeno io all’idea di andare al ristorante, però capita. Magari con amici. Va bene tutto ma non posso mica frequentare solo posti per famiglie o privarmi di una decisione last minute.

E allora via libera alla chiacchiera di intrattenimento, alla presa visione del menù, ai disegni se mi sono ricordata di portare fogli e pastelli e poi aspetta la portata.
Aspetta ancora.
E ancora.
Lou che comincia a palesare la sua voglia di esplorazione del posto.
La coppia giovane al tavolo di fianco. Il signore da solo che sembra fuori in trasferta per lavoro.
Io che intravedo il futuro prossimo ovvero Lilou a gattoni sotto un tavolo, non il nostro, o lei che chiede un pezzo di pane alla signora con il filo di perle al collo.

Tira, tira, tira sul tempo fino al fatidico: “Lou, vuoi vedere Netflix?”
“Siiiii”

Meglio di youtube, che comunque tra un video e l’altro deve toccacciare lo schermo e non ho ancora fatto quella cosa lì del blocco alle pubblicità.
Netflix: a tre anni ha già il suo account, come tanti altri, il che non significa che sta attaccata davanti a uno schermo ore e ore, significa che ogni tanto si guarda dei cartoni adatti a lei, senza interruzioni pubblicitarie e un episodio di seguito all’altro.
Questo in generale.

Al ristorante invece, per me significa solo che non sapevo più come tenerla ed ora è lì, bella tranquilla e ferma, ad aspettare il suo piatto.

Proprio lei, la bambina selvaggia che rincorre le papere.
Proprio lei, una di quelle bimbe che potreste vedere attaccate a un telefonino al ristorante, per non disturbare.

Sono certa che ci siano bambini che riescono a essere bravi e composti anche a tre anni senza bisogno di cartoni animati. Sono certa che ci siano genitori che riescono ad intrattenerli fino a fine pasto senza telefonino.
Anche io a volte ci riesco, a volte no. Più no che si, lo ammetto.
E sì, quella bimba l’ho piazzata davanti a Netflix, prima di tutto per non disturbarvi, secondo poi, per riuscire a mangiare anche il mio piatto in pace.

Fine pranzo, via il telefono e fuori a correre e a giocare con nulla, come “ai vostri tempi”.
Non si può sempre giudicare un bambino da un telefonino…