My winter story – a funky tale 24 Novembre 2014 – Pubblicato in: Kids&Moms, Sponsored

Prénatal ci ha chiesto di scrivere una storia e lo ha fatto in un modo parecchio originale.
Fornite di un kit “quaderni di stile”, abbiamo pasticciato pagine intonse usando foto, parole e ritagli. Potete vedere il risultato –> QUI
Ne è nata una storia che sa di neve, magia e cambiamento!

Eccolo il frutto del nostro scrapbooking: una storia scritta a quattro mani illustrata dalla bravissima Costanza Favero.

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Emma camminava appesa alla mano della sua mamma e per quanto la falcata di una bimba di 6 anni sia spesso molto energica, rimaneva comunque un passo indietro alla camminata nervosa di Agata.

“Il cambiamento è sempre cosa buona, lo sai amore?”
“Sì, mamma”
“L’importante è affrontare la paura, perché ci sono emozioni che bloccano l’andamento della vita sai?”
“Sì, mamma”

Emma non seguiva del tutto le parole della madre, era troppo impegnata a stare al passo, ma aveva capito che la mamma si stava parlando ad alta voce, come già aveva fatto altre volte.

“Che aver paura è faticoso, molto faticoso amore mio”

E la fatica si sentiva tutta, rinchiusa in una valigia enorme che seppur dotata di rotelle non scorreva certo spedita sull’asfalto milanese, affrontando in bilico ogni marciapiede, rischiando di perdere l’equilibrio, esattamente come lo stato emotivo di mamma Agata.

E’ il momento del non ritorno. Decisione presa: si cambia città.
Un sogno che da anni abitava quel momento fatto di coperte fredde, poco prima di svenire in un sonno che in sei anni non era ancora riuscito a far riposare del tutto Agata.
Il coraggio di cambiare era arrivato travestito da una lettera scritta in burocratese, un paragrafo scritto con tante parole inutili, riassumibili con un breve e chiaro -Non le rinnoviamo il contratto-
Nemmeno la soddisfazione di poter dire me ne vado. Ma questo è un pensiero che si fa solo quando non è più tempo di farlo.

E via si va, con una vita piegata a modo e incastrata a tetris in uno scomparto del trolley.

Agata ha le mani d’oro, glielo dicono da sempre, il suo amore smisurato per i filati è sempre stato ricambiato: lana e cotone si lasciano plasmare a piacimento in lavori che sfiorano la perfezione, non raggiungendola mai solo perché non esiste.
Un lavoro nuovo già la aspetta, lì, in quel villaggio sui monti, vicino a quel gregge ignaro di quanta felicità dona sotto forma di gomitolo a molte donne sparse per il mondo.
Finalmente Agata avrebbe lavorato di passioni, realizzando campioni con quei filati e partecipando in prima persona alla trasformazione da manto di pecora a gomitolo di lana.
Ad Emma aveva spiegato il suo nuovo lavoro così: “Sarò pagata per lavorare a maglia, di fianco a te, mentre mi fai gli spettacolini, contenta amore?”

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Le tre ore di treno passarono in un batter d’occhio, come gli alberi che scorrono veloci fuori dal finestrino della carrozza.
L’emozione era tanta per entrambe, ma nessuna di loro si aspettava di venire investita dalla magia appena uscite dalla stazione.
I paesi di montagna subiscono un incantesimo quando arriva la neve. Devono per forza c’entraci qualcosa gli elfi aiutanti di babbo natale, pensava la piccola Emma, mentre spalancava gli occhi davanti alle lucine che adornavano le strade. In quel momento si sentiva in quell’immagine che si figurava in testa mentre la mamma le raccontava le favole di Natale, solo che era tutto vero.

Il tempo scorreva veloce, in questa nuova vita: un’altra scuola, battaglie di neve tutti i giorni, nuovi colleghi di lavoro, una casa che sembrava ancora quella delle vacanze.
E quella sensazione di vivere in un incantesimo perenne, tra fiocchi di neve e caminetti accesi.

“Mamma, lo vedi quell’albero? Secondo me quella è la casa di una famiglia di elfi.”

Ne era convinta Emma.

“Si eh. Chissà, chissà…” rispose Agata, intenta a finire una sciarpa adornata da un motivo bello quanto complicato.
Sotto Natale il lavoro è troppo per una sola persona, come finire di lavorare a maglia tutto? Il tempo non bastava mai. E via a lavorare lavorare e lavorare.

“Mamma, perché non chiediamo agli Elfi di aiutarti? Non ti fermi mai” disse Emma guardando quell’albero fuori dalla finestra.

“Magari” sboffonchiò divertita la mamma.

Quella stessa notte, mentre Agata dormiva, Emma si infilò gli stivaletti e sgattaiolò fuori casa in silenzio.
Quell’albero faceva un po’ paura di notte, ma la piccola sapeva cosa stava facendo.
Lasciò davanti all’imponente casa degli elfi, una cesta con i lavori non finiti della mamma, sussurrando a bassa voce un ci potete pensare voi per favore?

E corse veloce dentro casa per rimettersi a letto stando ben attenta a non svegliare la sua mamma.
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Là sull’albero c’era sì qualcuno. Qualcuno molto basso, molto peloso e molto vecchio anche se, seguendo il calendario elfico, Eliha risultava avere più o meno la stessa età di Emma.

Eliha non fù particolarmente sorpreso della visita notturna della piccola, al contrario: se lo aspettava da tempo. Gli elfi sono esseri saggi e prima ancora che Agata finisse di sistemare nei cassetti della nuova casa l’ultimo paio di calze, avevano già ben chiara la situazione delle nuove vicine.

Certo Eliha si aspettava una visita di Emma, ma il cestino?

La lana non è commestibile, neppure per gli elfi.

Ma quel cesto non conteneva solo lana era la speranza il carico più pesante, purtroppo gli elfi hanno le mani troppo piccole per poter fare a maglia, in effetti è per questo che hanno un aspetto così poco ordinato (almeno gli elfi di montagna) quindi Eliha aveva di fronte un cesto pieno di rompicapi.

Da una parte il desiderio di aiutare quella bambina forestiera, e dall’altra la necessità di non mettere in allarme tutta la comunità elfica dell’albero.

Che fare?

La soluzione era solo una, il piccolo “si fa per dire” elfo non poteva far altro che percorrere la strada verso il torrente e chiedere aiuto alla persona con le mani più grandi che conoscesse, convinto del fatto che più grande fosse stata la mano, più in fretta si sarebbe fatto il lavoro.

Raniero era amico della comunità elfica da quel giorno in cui provò a segar giù il loro palazzo albero. Cosa mai ne poteva sapere un taglialegna degli elfi? Nulla, per l’appunto.
Per fortuna Raniero era anche filosofo con specializzazioni varie in paleontologia e scienze applicate, quindi la conoscenza diretta degli elfi gli ha per lo più procurato la voglia di scrivere un trattato sui loro usi e costumi. Ci si era pure messo seriamente per un paio di sere, poi la stanchezza e l’Xbox hanno avuto la meglio.
Niente trattato elfico scientifico, ma in cambio una solida amicizia per cui non si sorprese di scovare Eliha in casa sua, si terrorizzò invece nel veder un cesto di lana con aghi annessi. Il taglialegna spiegò velocemente al piccoletto che non solo non era in grado di fare a maglia, ma le sue manone sarebbero state pure d’impiccio per un lavoro preciso e veloce. Il problema è che Raniero si commosse così tanto nel leggere la lettera che Emma aveva infilato tra i gomitoli, che non riuscì davvero a rassegnarsi…e provò pure ad imbastire qualche punto finché non si decise a fare la cosa più giusta: andare dalla madre di quella ragazzina e ridarle la lana in gran segreto.

Così accadde.
Raniero conobbe Agata, Emma conobbe Raniero e anche Eliha ma non subito, appena qualche tempo dopo.

Agata scoprì che condividere due chiacchiere ogni tanto con quell’orso taglialegna erudito del suo vicino di casa non le dispiaceva affatto e Raniero ebbe finalmente modo di far valere i suoi brillanti studi in scienze applicate costruendo dei telai per la donna che in poco tempo pensò bene di vendere i suoi tessuti in lana anche on line e in tutto il mondo.

Più fortunati di tutti son stati gli elfi di montagna, che per una volta tanto alla riunione nazionale si sono presentati vestiti di tutto punto: una faccenda che ancora oggi, i loro colleghi di collina (notoriamente i più eleganti) ancora non si spiegano.

Quell’inverno se ne andò così, tra la neve, la musica e la certezza di una nuova via.

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Grazie Prénatal, ci siamo divertite moltissimo!