La maternità è un tunnel? 28 Aprile 2015 – Pubblicato in: The Funky Diaries – Tags: , ,

maternità

“Ora che va all’asilo, se penso ai pannolini, svezzamento ecc…non ci potrei proprio tornare nel tunnel.”

oppure

“Proprio ora che ero fuori dal tunnel, ne ho fatto un altro!”

La parola tunnel si usa, io l’ho usata.

Ma la mia maternità non è un tunnel.
O forse sì, se ne esiste uno sospeso in aria con le pareti trasparenti, biforcazioni, ricongiungimenti e qualche curva per inversioni a U.

Diciamo anche che il mio concetto di tunnel è particolare: il traforo del monte bianco è molto lungo, attraversa la montagna più alta d’europa e porta a casa dei miei nonni.
Ma più di qualsiasi altra considerazione, nei tunnel, la luce è brutta e artificiale.
Nulla a che vedere con i miei primi mesi di maternità.

Certo c’è la fatica, il momento di sconforto e ognuna ci metta quello che più le è pesato. Ma è un momento di bipolarismo acuto nel quale alterni un pianto isterico da stanchezza simile in tutto e per tutto a quello dei bebè, a un intensissimo calore che ti scoppia in petto per piccolezze che mandano la ragione gambe all’aria, tutto si può dire, tranne che non sia un percorso inondato da una luce così intensa da esser difficilmente spiegabile.

Che durata dovrebbe poi avere, questo tunnel? La fine del cambio pannolino? L’autonomia nel mangiare? L’asilo?

Non lo so. So solo che settimana scorsa sono uscita molto e ho scoperto l’acqua calda.
Tunnel o meno,  la situazione è organizzata: chi porta Leone a scuola, biberon Lilou, portare giù Gaia, lavorare, pausa pranzo, lavorare, prendere Leo a scuola e poi tutte le varianti organizzate e non dal lunedì al venerdì.
Se ho lavorato fino alle 16.00, il lavoro si recupera coi nani a nanna o il week end.

Faticoso? A questo punto non lo so più, ma ho forse capito la cosa del tunnel: uscire dallo schema, cosa che faccio per forza durante la settimana, se moltiplicata mi porta a stordimento.

camilla e justine

Due ore sui tacchi, chiacchiere, un evento con musica e via a nascondermi in un camerino con la mia amica Camilla.

Mi spiego meglio. Lavoro principalmente da casa, ma ho almeno una giornata di appuntamenti fuori nella quale cerco di concentrare più cose possibili. Settimana scorsa sono dovuta uscire di più e per situazioni alquanto piacevoli, eppure, al mio rientro, ero stremata. Non è la parola giusta, scusate: stordita.

Possibile mai che mi stanchi più facilmente nel mondo vero, fatto di persone sopra il metro e liberato dai ciucci?

E’ il tunnel: ci si stanca molto di più quando si esce dal seminato.

Ma ora vi prego, che qualcuno progetti un tunnel sospeso in aria con le pareti trasparenti, biforcazioni, ricongiungimenti e qualche curva per inversioni a U.
Possibilmente in un posto dove il sole splenda forte ma non sempre, perché il sereno variabile è la cosa più vicina alla realtà, altrimenti il tunnel, non può essere il mio, senza quella luce lì.