E il morale va giù. Ma poi torna il sereno. 18 Gennaio 2016 – Pubblicato in: Funky Projects, LaBag and co.
Di santi in paradiso non ne ho.
Lavorativamente parlando non è il massimo ma, indubbiamente, dal punto di vista familiare è stato senz’altro più divertente.
Cosa c’entra con il progetto borse?
C’entra, c’entra, perché mi sto cominciando a scontrare con i primi problemi che non so risolvere nell’immediato.
Le borse, in particolare la pearl, sono a rischio copia.
Non vi starò a spiegare come faccio a saperlo, sarebbe inutile, potrebbe creare polemica e quindi distogliere l’attenzione da quel che vorrei comunicare QUI, sperando di essere utile a qualcuno.
Capito che il rischio clone è molto più vicino e concreto di quanto pensassi, vi racconto cos’ho scoperto.
- Pearl è l’unica tracolla tonda con all’interno la scritta …zzi miei.
Foto by Camilla zelda was a writer
Tutelarsi si può ma fino a un certo punto. Si può pagare per la registrazione di un marchio e del design della borsa, perché brevettare non è il termine appropriato, lo si può fare solo se si parla di un qualcosa che agisce in un ambito diverso dall’aspetto estetico di un accessorio.
Lo consiglio? Io mi sono tutelata ma sono anche consapevole che per qualsiasi cosa io abbia registrato, esiste più di un modo per emularmi rispettando le norme di legge. Basta una variante non contemplata in un documento, l’aggiunta di un qualcosa se si parla degli accessori, una variante se si parla del nome del brand. La faccio semplice, perché così non è, non sono un avvocato e le procedure per tutelarsi esistono: ho solo capito che non si è mai del tutto sicuri al 100%.
Ma poi, sinceramente, cos’ho inventato? Nulla!
Le tracolle tonde si facevano tanti anni fa, c’è chi le chiamava “sotto pelliccia” e negli anni ’70 erano molto comuni. Io ho solo avuto l’intuizione di riproporle. Ho studiato minuziosamente la dimensione, non essendo mai riuscita a usare le micro borse, e la lunghezza della tracolla. Ho poi aggiunto una nappina lunga a mio gusto.
Cosa rende unica la Pearl? –> leggi QUI

Foto di Camilla Zelda was a writer
Ci vuole tempo per fare le cose e la fase sogno è terminata.
Sarebbe infantile sostenere che se ci credi, ci puoi riuscire, che non bisogna mai smettere di sognare e cose così. Io sogno e credo in continuazione, non smetterò mai, ma ora devo trasformare questi aspetti poetici in:
Se hai un sogno e ci credi veramente, testa china e lavorare.
Di tempo ne ho sempre meno, quando ho scoperto che le tracolle tonde potrebbero essere proposte da altri, dopo aver visto la mia, ho capito due cose.
La prima è che ho avuto un’ottima idea e questo mi dà coraggio.
La seconda è che le mie borse devono essere riconducibili al mio marchio: la loro identità dev’essere forte e chiara.
E qui, iniziano i problemi veri.
I santi in paradiso dei quali parlavo inizialmente sono le conoscenze che non ho.
Mi manca una cosa fondamentale: un ufficio stampa.
Al momento, il mio è un progetto autofinanziato, quindi non posso ancora permettermi di investire in tal senso ed è un bel problema.
Mi sono andata a impelagare in un affare molto più grande di me: quante possibilità ho nel mercato delle borse? Sono una goccia in mezzo al mare. Non vi nascondo che ci sono giorni in cui il morale viaggia davvero a rasoterra. Non me lo posso permettere: devo agire.

Foto di Camilla zelda was a writer
La mia attitudine alle pubbliche relazioni è un disastro, non sono portata, non le ho mai capite fino in fondo. Eppure, finché non potrò delegare, mi tocca darmi una mossa.
Cosa sto facendo?
Ho preparato una cartella stampa e l’ho inviata a tutti i contatti che ho trovato. Alcuni li avevo grazie a scambi di mail per il blog.
Esistono abbonamenti per usufruire di database aggiornati delle testate giornalistiche, lo sapevate?
E poi ci sono i viaggi immensi su internet, che sto facendo. Individua la giornalista su instagram, per esempio, vedi se ha un sito, se sui contatti esiste una mail e via di giri infiniti.
E poi? Non è detto che ti risponda qualcuno o che la mail possa interessare. Chiaro.
Tra le tante mail mandate sono a quota una segnalazione su D- la repubblica online. Sono felice. Mandata la mail da perfetta sconosciuta ed è andata bene. Per ora, altre risposte non ne ho avute.
Il post sta diventando lungo, quindi affronterò l’argomento product placement alle influencer in un altro articolo.
Intanto il tempo passa, sono ancora microscopica e vivo nella consapevolezza che se arriverà un colosso a proporre una mia borsa, sebbene in una sua variante, verrò inghiottita in un sol boccone.
Mi tiro su le maniche e combatto per mantenere il morale alto.
So che non c’è bisogno di dirvelo, però, ogni condivisione con i miei riferimenti contribuisce a divulgarmi. Per me è importante: grazie a chiunque avrà voglia di darmi una mano!
Vi aggiorno. Nonostante tutto, sono pronta ad affrontare il 2016!

Ne approfitto per ricordarvi che questa borsa è in saldo –> QUI
Commenti
Giui Gennaio 18, 2016 - 13:46
Ti capisco benissimo…di questa cosa ne parlavamo proprio ieri in studio. È un campo diverso, ma i problemi sono più o meno gli stessi..abbiamo disegnato una piastrella che mischia cemento e legno. L’abbiamo presentata a delle aziende perché non avevamo la forza economica per produrre più di un prototipo. Sono arrivate le risposte in questi giorni. Dicono che il prodotto è costoso ed essendo noi designer emergenti non se la sentono di mandarle in produzione, anche perché, guarda caso, stanno proprio pensando ad un prodotto simile al nostro. Sono giorni in cui ti demoralizzi perché anche se investì tutto te stesso, corpo mente e portafogli, in un progetto ti rendi conto che a volte non basta. Ti senti troppo piccolo per portare avanti un progetto da solo e ti rendi conto che le grande aziende non hanno bisogno di te, perché ti mangiano quando vogliono. Ci vorrebbe una guida si!!! In ogni caso il tuo progetto è super, andrà a finire che la Pearl se la metteranno pure i santi in paradiso (ma…una versione in pelle vegan è un disagio vero?!? Io aspetto, non si sa mai!). Appoggio incondizionato da parte mia, mi scuso per il post lunghissimo, ma esprime proprio i dubbi che ho avuto stamattina appena sveglia.
mariannissima Gennaio 18, 2016 - 15:33
Vai Justine vai! Come al solito essere se stessi pienamente è l’unica forma di tutela che riconosco.
Tu sei pearl, zzi miei, tanto funky. jeans, mutandoni, scarpe da ginnastica e tanta ironia da far sorridere.
Se arriva un gradasso copione che scova buone idee per farci soldi alla facciazza tua è sicuro che la facciazza sua non ce la metterà. Ci metterà un marchio, non la sua storia. E lil resto lo inventerà come meglio crede di sapere. Del resto gira tutto, girano pure le buone idee. Comunque io ti condivido. E battiamo d’anticipo l’avversario. 😉
roberta Gennaio 18, 2016 - 15:52
ciao Justine,
ti scrivo mail.
roberta
valentina Gennaio 18, 2016 - 16:00
Justine, tu sei tu e nessuno potrà copiare il tuo mondo e quindi quello che le tue creazioni sono davvero senza tralasciare la tua battaglia per il made in Italy (non credo che i colossi in questione guardino molto a questo aspetto). La tua è una battaglia difficile ma credo condivisa da molti. L’Italia deve puntare sulla sua creatività, sulla sua artigianalità e QUALITA’ che pochi (per non dire nessuno) al mondo hanno.
Forza Justine!
Fab Gennaio 18, 2016 - 18:06
Talvolta penso sia bello il confronto e l’esposizione su Internet. Talvolta mi deprime. C’è tutto e il contrario di tutto. Guardo il web e vedo tutto ciò che avrei voluto fare, fatto meglio. E mi deprimo. Talvolta penso che l’isolamento dal Tutto del web faccia bene alla creatività ma comprendo che per commercializzare un oggetto in modo indipendente, è indispensabile. Insomma. Ti auguro ogni ‘fortuna’ nella tua attività. Io ci vedo uno stile molto originale. Chic. Si diceva una volta. Bella presentazione. Ironia a manetta. E gli oggetti unici rimangono unici, nonostante le imitazioni. Un caro saluto. Fab
Brunhilde Gennaio 18, 2016 - 21:35
Sai qual è l’aspetto che mi rompe maggiormente l’anima? Che a te vengono a dire o, peggio, sussurrano dietro alle spalle: «ah, ma la Bag/Pearl è cara, guarda lì, ti sei montata la testa…» e via discorrendo, poi, magari arriva l’imitazione Made in China che costa altrettanto se non di più, e zitte!
La mia posizione su fast fashion, imitazioni ed affini la conosci da parecchio tempo, non sto ad annoiartici ulteriormente.
Io mi picco di essere originale e, al posto tuo, non mi preoccuperei eccessivamente. Stay funky, stay foolish!
magdalena crisantemina Gennaio 19, 2016 - 21:16
Ciao Justine,
ho lavorato per almeno 8 anni nella moda in ufficio stile e in pelletteria come designer e sviluppatrice prodotto borse…so bene quanto impegno ci sia e quante spese dietro alla realizzazione di una borsa. Vedo se qualcuno dopo che ho mollato il colpo per cambiare strada si ricorda ancora di me e può darmi qualche dritta.
Deborah Febbraio 12, 2016 - 14:04
Ma il vero valore aggiunto di quello che fai non è la borsa rotonda (quella prima o poi come le mode degli anni ’70 e ’80 ritorneranno inevitabilmente…io stessa ho una borsa tonda che era di mia zia nell’87), ma il messaggio che caratterizza le cose che fai!
le tue borse e i tuoi zzi miei devono essere desiderati da chi ti conosce e da chi si identifica in te…quindi se posso permettermi un consiglio, investi sull’essere sempre più influencer sul blog rispetto alla tua vita e al tuo modo di pensare….
…progetta altre borse e accessori anche a forma di rombo! e spero che le cose si infileranno nel modo giusto!
hai il valore aggiunto che tutto nasce perchè c’è un blog. insisti sul far conoscere sempre di più il blog!
p.s. se ti va di passare dal mio mi fa piacere 😀
http://www.happilysurviving.com